Introduzione alla Fisica
La fisica e il metodo sperimentale
L'uomo, spinto dal desiderio di conoscere e, quindi, di dominare il mondo che lo circonda e anche dal senso inventivo di realizzare nuovi fatti per migliorare le sue condizioni, ha cercato nel corso dei secoli di descrivere, coordinare e spiegare i fenomeni naturali.
Per fenomeno naturale non si deve intendere qualcosa di insolito e straordinario ma qualsiasi fatto che avviene in natura. Attraverso lo studio della fisica (dall'antico greco (poet; = natura) si é perseguito e si continua a perseguire come scopo ultimo la conoscenza dei fenomeni naturali.
Certamente la visione che oggi si ha del mondo non é la stessa di quella di ieri, né sarà eguale a quella di domani. Se si vuole, pero, che il discorso fisico non cambi da un momento all'altro e che le grandi teorie su cui esso si basa non si riducano a semplici manifestazioni del pensiero, quali sono le vie che bisogna seguire? La risposta sta nel modo in cui vengono poste le basi del discorso fisico. Se vi é un metodo che più degli altri permette di conservare le conquiste fatte e farne delle nuove, questo
é il metodo sperimentale; esso fu introdotto da Galileo Galilei (1) ed é basato sulla osservazione di ogni fenomeno, sull'esperimento e sulla misurazione.
Illustriamo quanto abbiamo detto con un esempio.
Si consideri la caduta dei gravi nell'aria: si trova che corpi diversi per forma e per costituzione seguono movimenti differenti. Questa prima fase dello studio di un fenomeno cosi come avviene in natura costituisce l'osservazione. Si segua il fenomeno della caduta dei gravi nel tubo di Newton, cioè in un lungo tubo svuotato dell'aria: si constata che tali corpi, nel vuoto, si muovono allo stesso modo. Questa seconda fase dello studio di un fenomeno, in condizioni provocate artificialmente, ben controllabili e ripetibili, costituisce l'esperimento o esperienza fisica. Si stabilisca, quindi, con
operazioni effettuate mediante regoli metrici quali sono le posizioni, iniziale e finale, occupate da un corpo in caduta libera e con operazioni effettuate mediante orologi se ne determinino gli istanti corrispondenti. Quest'ultima fase dello studio di un fenomeno da un punto di vista quantitativo costituisce la misurazione.
Si riesce cosi a provare che un grave in caduta libera nel vuoto aumenta la propria velocità di circa 10 metri al secondo per ogni secondo e che percorre nel primo secondo circa 5 metri, in quello successivo 15 metri, nel terzo 25 metri e cosi via.
Grandezze fisiche fondamentali e derivate Gli elementi fondamentali del discorso fisico sono le grandezze fisiche, dal cui legame scaturiscono le Leggi Fisiche. Le grandezze fisiche vengono definite seguendo il metodo operativo, stabilendo cioè quali criteri e quali procedimenti sono necessari per misurare le grandezze stesse.
Più precisamente, diciamo che le grandezze fisiche sono ogni insieme di enti per i quali é possibile stabilire, sempre mediante operazioni fisicamente effettuabili, quanto segue:
1) l'eguaglianza e la diseguaglianza tra due elementi dell’insieme;
2) la somma di due o più elementi dell’insieme;
3) l'elemento dell’insieme che si sceglie come unita di misura.
II metodo operativo su cui é basata la definizione delle grandezze fisiche trae la sua origine in gran parte dai fatti comuni della vita quotidiana.
Come facciamo, ad esempio, per misurare ii perimetro di una stanza? Quando stabiliamo, ad occhio, che le lunghezze delle pareti opposte sono eguali mentre quelle di due pareti consecutive sono diverse, non facciamo altro che applicare il primo criterio, cioè il criterio di eguaglianza e diseguaglianza; se poi stabiliamo che il perimetro della stanza é dato dalla somma delle lunghezze delle quattro pareti, applichiamo il secondo criterio, cioè il criterio della somma; se infine prendiamo
come lunghezza di riferimento il metro, applichiamo il terzo criterio, cioè la scelta dell’unita di misura.
La misurazione poi viene effettuata nel modo seguente. Facciamo coincidere un estremo del metro con l’estremità di una parete della stanza e, trasportando successivamente il metro lungo la parete su una retta orizzontale, constatiamo quante volte vi è contenuto. II numero cosi ottenuto da la misura della lunghezza della parete. Ripetiamo l'operazione per le altre pareti: la somma delle misure delle lunghezze delle quattro pareti da, infine, la misura del perimetro della stanza.
Un insieme di grandezze per le quali si possono stabilire i criteri 1, 2 e 3 costituisce un insieme di grandezze omogenee.
Il rapporto tra una grandezza dell’insieme ed un'altra grandezza dell’insieme stesso, scelta come unita di misura, definisce la misura della grandezza. Il rapporto tra due grandezze omogenee, misurate con la stessa unita di misura, definisce una grandezza adimensionale.
In conclusione le grandezze fisiche sono tutti gli enti misurabili per i quali cioè si può definire, operativamente, il confronto, la somma e l’unità di misura.
Precisiamo che l'operazione mediante la quale si ottiene la misura di una grandezza é detta misurazione.
Le grandezze fisiche vengono generalmente distinte in grandezze fondamentali o primarie e grandezze derivate o secondarie.
Sono grandezze fondamentali quelle la cui definizione non dipende da altre grandezze mentre si dicono derivate tutte quelle la cui definizione dipende dalle grandezze fondamentali.
La lunghezza e la sua unità di misura La nozione di spazio e quella di lunghezza, ad esso strettamente legata, sono alla base di tutta la geometria.
In fisica la lunghezza viene considerata grandezza fondamentale e come tale se ne dà solamente la definizione operativa, precisando i criteri e le operazioni che consentono la sua misura.
Nei casi più comuni per misurare una lunghezza si può usare il regolo rettilineo o riga. Mediante il regolo rettilineo si pub stabilire:
1) se due lunghezze sono eguali o diverse;
2) qual é la somma di due o più lunghezze.
Effettuato il confronto e la somma di due o più lunghezze, occorre stabilire l'unità di misura.
UNITA DI MISURA DELLA LUNGHEZZA
Come unità di misura della lunghezza é stato scelto il metro (m), che viene definito nel modo seguente:
il metro é la distanza, alla temperatura di 0 °C. tra due tratti paralleli riportati su una particolare sbarra di platino-iridio, conservata nell'Archivio internazionale di Pesi e Misure di Sevres presso Parigi.
Il tempo
La nozione di tempo ha origine dalla nostra esperienza basata sulla percezione del susseguirsi degli eventi da noi osservati. Ora, anche se questa percezione ci consentisse di distribuire gli eventi stessi secondo un ordine crescente di << prima-dopo >> ovviamente, una tale scala temporale sarebbe puramente qualitativa, oltre che soggettiva (tempo fisiologico). Si rende quindi necessario eliminare dal concetto di tempo ogni elemento fisiologico e concretizzarlo in quello di grandezza fisica (tempo
fisico). In fisica, pertanto, il tempo si considera ente primitivo e si definisce perativamente, come grandezza fondamentale, la durata o intervallo di tempo, cioè la differenza tra due tempi detti, rispettivamente, istante finale e istante iniziale. Ovviamente, nella scala dei tempi qualsiasi istante si può scegliere come riferimento e porlo, per convenzione, eguale a zero.
Come unita di misura dell'intervallo di tempo é stato scelto il secondo solare medio (s)
La massa
Una caratteristica dei corpi e la loro massa che solitamente viene definita come la quantità di materia
contenuta nei corpi stessi.
Per effettuare le operazioni che conducono alla misura della massa eguali o diversi intervalli di
tempo. di un corpo si può usare la bilancia.
Con tale strumento si pub stabilire:
1) se due masse sono eguali o diverse.
2) qual é la somma di due o più masse.
UNITA DI MISURA DELLA MASSA
Come unità di misura della massa é stato scelto il chilogrammo (kg) cosi definito:
il chilogrammo é la massa di un blocchetto cilindrico di platino-iridio conservato nell’Archivio Internazionale di Pesi e Misure di Sévres presso Parigi.
Grandezze scalari e grandezze vettoriali
Il numero che rappresenta la misura della grandezza seguito dall’unità di misura è detto: Modulo o Intensità della grandezza. Tali grandezze sono dette Scalari.
Per tutte le grandezze per la cui definizione non occorrono altri elementi per la loro definizione all’infuori del modulo o l’intensità sono dette Grandezze Scalari.
Se per esempio consideriamo un punto materiale (rappresentazione grafica di un punto che non ha dimensione) può compiere degli spostamenti. Per descrivere tale grandezza fisica c’è bisogno di introdurre altri elementi.
Per determinare lo spostamento di un punto materiale nello spazio c’è bisogno di introdurre altre grandezze oltre al modulo o intensità, questo perché nello spazio il punto materiale può compiere infiniti spostamenti in qualsiasi direzione ed in qualsiasi verso sempre con lo stesso modulo.
Quindi per definire lo spostamento di un punto materiale si introdurranno altre due elementi:
la direzione ed il verso.
Tutte le grandezze per le quali oltre al modulo o intensità per la loro definizione c’è bisogno anche di direzione e verso, sono dette Grandezze Vettoriali
DEFINIZIONE DI VETTORE
Il vettore è un segmento orientato nello spazio individuato mediante i seguenti elementi caratteristici: direzione, verso, e intensità o modulo.
In conclusione possiamo dire che lo spostamento è una grandezza vettoriale.
Cenni di calcolo vettoriale
a) SOMMA DI VETTORI
Dati due vettori V1=OV1 e V2=OV2 applicati ad uno stesso punto O e formanti un certo angolo, si definisce Vettore Somma o Risultante il vettore V=OV individuato dalla diagonale del parallelogramma che ha per lati i vettori assegnati (regola del parallelogramma).
Se i vettori sono più di due il vettore somma è dato dal lato di chiusura del poligono avente come lati i vettori assegnati (regola del poligono).
b) DIFFERENZA DI DUE VETTORI
Si definisce vettore opposto al vettore dato il vettore che ha la stessa intensità, la stessa direzione, ma verso contrario. Dati due vettori V1=OV1 e V2=OV2 applicati allo stesso punto O e formanti un certo angolo, si definisce differenza dei due vettori il vettore V=OV ottenuto dalla somma vettoriale di V1 e dell’opposto di V2.
c) PRODOTTO DI UNA GRANDEZZA SCALARE PER UN VETTORE
Dato un vettore V=OV ed un numero reale n (scalare) si definisce prodotto di una grandezza scalare per un vettore il U=nxV avente la stessa direzione del vettore V, lo stesso verso, e intensità = nxV.
d) SCOMPOSIZIONE DI UN VETTORE IN DUE DI DIREZIONE ASSEGNATE
Dato un vettore V=OV e due direzioni Or1 ed Or2, dall’estremo V conduciamo le parallele alle due direzioni, e i punti V1 e V2, individuati su r1 e r2 determinano i vettori V1=OV1, e V2=OV2 (procedimento inverso alla somma).
Metodi di misurazione delle grandezze Fisiche
Come si é visto, la determinazione quantitativa di una grandezza fisica si effettua attraverso la misurazione, operazione il cui risultato é la misura che esprime il rapporto tra la grandezza da misurare ed un'altra grandezza ad essa omogenea, presa come unità di misura.
La misurazione di una grandezza fisica può essere effettuata seguendo tre metodi diversi.
a) Metodo di misurazione diretta: è’ detto anche metodo di misurazione relativa e consiste nel confrontare la grandezza che si vuole misurare con un'altra della stessa specie scelta come campione o unità di misura. Questo metodo si applica per la misurazione delle grandezze fondamentali.
b) Metodo di misurazione indiretta: è detto anche metodo di misurazione assoluta e consiste nel determinare il valore della grandezza in esame misurando direttamente le altre grandezze da cui essa dipende secondo una relazione ben definita.
Così, per esempio, per misurare il volume di un corpo a forma cilindrica si misurano diretta mente l'altezza h ed il raggio r del cilindro e mediante la formula V = π r2 h se ne ricava il volume.
c) Metodo di misurazione con strumenti tarati: questo metodo consiste nell’impiego di strumenti tarati, cioè di particolari dispositivi muniti di scale e di indici le cui indicazioni sono state controllate in base alla misurazione diretta o indiretta delle grandezze in esame; tale operazione viene detta taratura dello strumento.
Calcolo degli errori
Per determinare la misura delle grandezze fisiche il metodo più: diffuso é quello con strumenti tarati in quanto la misura stessa si riconduce alla osservazione della posizione di indici su scale, operazione che si può eseguire con elevata precisione.
Se si ripetono varie volte le misurazioni di una grandezza fisica, si otterranno dei valori x1, x2,,,xn che, in generale, differiscono tra loro.
Seguendo il principio della media di Gauss (o aritmetica), si assumerà come valore più probabile della grandezza in esame il valore dato dalla media aritmetica
X=x1+x2+,,,+xn/n
E bene osservare che non esistono misure esatte in quanto in ogni misurazione si commettono degli errori che possono essere accidentali o sistematici.
Gli errori accidentali dipendono da circostanze perturbatrici fortuite; essi influiscono nelle misure, ottenute eseguendo una serie di misurazioni di una grandezza fisica, ora in un senso, ora nell’altro e con intensità variabile. Dato che gli errori accidentali sono legati ad altri fenomeni non controllabili che si sovrappongono al fenomeno in esame influenzandolo in modo del tutto casuale, essi non si possono mai eliminare (esempio differenza di temperatura a causa della quale gli strumenti si dilatano o si restringono ecc.).
Gli errori sistematici sono quelli che dipendono da difetti costruttivi degli strumenti, vizi nel metodo usato, particolare comportamento dell'osservatore, ecc.. Essi influiscono sul risultato sempre nello stesso senso e con la stessa intensità e si possono eliminare o ridurre variando i metodi, gli strumenti e gli osservatori.
Il calcolo degli errori presuppone la conoscenza del valore vero della grandezza da misurare; poiché ciò é impossibile, si ricorre ai calcolo del valore più probabile delle varie misure. Se non e richiesta una elevata precisione e se le misure sono poco numerose, é sufficiente calcolare l'errore assoluto massimo dato dalla semidifferenza tra il valore massimo XM ed il valore minimo Xm delle misure ottenute:
a=XM-Xm/2
Tenendo conto dell'errore assoluto, la misura della grandezza in esame si esprime con la notazione:
X=X+/-a
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Più significativo dell'errore assoluto, per stimare la precisione di una misura, é l'errore relativo
definito dal rapporto tra l'errore assoluto e il valore medio della grandezza; cioè:
r=a/X
Se poi si vuole l’errore relativo percentuale, basta moltiplicare per cento quello relativo.
Supponiamo, ad esempio, di aver misurato la massa di un anello d'oro con una bilancia d'analisi, avente la sensibilità di un milligrammo, e di aver eseguito 6 misurazioni i cui risultati sono:
m1 = 7,580 g m2 = 7,583 g m3 = 7,530 9
m4 = 7,581 g m5 = 7,584 g m6 = 7,530 9
La media aritmetica dei sei valori da il valore della massa del corpo:
m = m1 +m2+m3+m4+m5+m6 / 6 =7,581 g
l’errore assoluto massimo è: a = 7,584-7,582 / 2 = 0,002 g
La massa dell’anello sarà: m = (7,581 +/- 0,002) g
L’errore percentuale sarà: 0,0026%
Introduzione alla meccanica
La meccanica
La meccanica é Ia più antica delle scienze fisiche: essa infatti si occupa del movimento e questo è uno dei fenomeni naturali che per primo ha destato l'interesse dell'uomo.
Di solito la meccanica si suddivide in tre parti:
1. la cinematica che studia il movimento dei corpi senza tener conto delle cause che Io
producono;
2. Ia dinamica che studia il movimento dei corpi e Ie sue cause;
3. la statica che studia le condizioni di equilibrio dei corpi.
Nell'idea di movimento sono intimamente legati i concetti primitivi di posizione e di tempo.
Un corpo é in movimento se la sua posizione, misurata dalla distanza da un altro corpo, considerato fisso, varia al variare del tempo.
Cosi, per esempio, stando nel vagone di un treno, diciamo di essere in movimento quando la nostra posizione, rispetto a quella della strada ferrata, cambia istante per istante. Ma noi possiamo anche muoverci all'interno del vagone che é in movimento rispetto alla strada ferrata, la quale, a sua volta, essendo fissata alla Terra, é in movimento rispetto al Sole e cosi via.
E facile capire che se riferissimo il nostro movimento al Sole, anziché alle pareti del vagone, il movimento stesso risulterebbe molto complicato. D'altra parte non potendo stabilire l'esistenza di un qualcosa che occupi nell'universo sempre la stessa posizione, non ha significato parlare di moto assoluto e, pertanto, il moto di un corpo é sempre relativo, cioè riferito ad un altro corpo arbitrariamente scelto, che si considera fisso e che viene detto sistema di riferimento.
Sistemi di riferimento
Come é stato precisato nel paragrafo precedente un corpo si muove relativamente ad un sistema di riferimento quando la sua posizione varia nel tempo.
Ora, per determinare il movimento di un corpo, bisognerebbe conoscere il movimento di ciascuna particella di cui esso é costituito e ciò ovviamente, è impossibile.
Pertanto, in una prima trattazione del movimento di un corpo, prescinderemo dalle sue dimensioni, dalla sua forma, dalla sua costituzione chimica, eccetera, e Io considereremo come un punto, che chiameremo punto materiale o particella.
Si tenga però sempre presente che il punto materiale, per definizione privo di estensione, é una astrazione accettabile in quei casi in cui si rende necessaria una notevole semplificazione dei problemi che si debbono risolvere.
Per quanto riguarda il sistema di riferimento, sceglieremo una terna di assi cartesiani ortogonali XYZ aventi l'origine in un punto O e fissa nello spazio. Ai fini pratici tale terna di assi si considera solidale con Ia Terra e viene detta sistema di riferimento terrestre o da laboratorio.
Riferendoci alla figura diciamo che un punto materiale P é in quiete o in moto quando le sue coordinate, cioè Ie distanze x, y e z, rispettivamente, dai piani YZ, X2 e XY, si mantengono costanti o variano nel tempo.
Se il punto P é in movimento, per conoscere istante per istante la sua posizione, debbono essere note le coordinate x, y e z dei punto stesso in funzione del tempo t.
Il luogo delle posizioni occupate dal punto P durante il suo movimento é una linea a cui si da il nome di traiettoria; questa può essere una retta o una curva. Nel primo caso il moto si dice rettilineo, nel secondo caso curvilineo.
Quando il moto del punto materiale avviene in un piano, il sistema di riferimento si riduce a due assi cartesiani ortogonali XY di origine O, appartenente al piano su cui si muove il punto stesso.
Se infine il moto del punto avviene lungo una retta, il sistema di riferimento si riduce ad un solo asse X di origine O.
A chiarimento di quanto detto facciamo un esempio.
Supponiamo che un punto materiale si muova su un piano e che, relativamente al sistema di assi cartesiani ortogonali XY di origine O, siano note le coordinate del punto in funzione del tempo:
x=15t,
y=—5t2
Moto di un punto materiale definito dalle relazioni: x = 15 t, y = — 5t2.
In questo caso il movimento del punto é perfettamente individuato in quanto si può conoscere la sua posizione in qualsiasi istante.
Le prime grandezze che caratterizzano il movimento: velocità e accelerazione
a) Velocità
Riferito al movimento dei corpi, il concetto di velocità esprime intuitivamente la rapidità con cui varia la loro posizione; in esso, quindi, sono contenuti i concetti primitivi di lunghezza e di tempo.
Cosi, per esempio, diciamo che un'auto é tanto più veloce quanto minore e il tempo che impiega a compiere un dato percorso.
Il cammino che effettivamente percorre un punto materiale in movimento si suole chiamare, anche se impropriamente, spazio percorso.
Non si confonda pero Io spazio percorso da un punto materiale, che é una grandezza scalare, col suo spostamento, che é una grandezza vettoriale, il cui modulo e dato dalla distanza tra una data posizione P0 occupata dal punto materiale ed un'altra posizione P, indipendentemente dal modo come il punto passa da Po a P, e avente la direzione della retta P0-P e verso da P0 a P.
Volendo precisare il concetto di velocità da un punto di vista quantitativo, si può procedere nel modo seguente. Sia L la traiettoria che descrive il punto materiale in movimento; fissato su L un punto O come riferimento, siano P0, e P le posizioni occupate dal punto mobile negli istanti t0 e t; poniamo
OP = s0 ed OP=s
Il rapporto tra la lunghezza dell'arco PP0 = (s — s0) percorso e l'intervallo di tempo (t — t0)
impiegato a percorrerlo, definisce la velocità scalare media.
VELOCITA SCALARE MEDIA
La velocità scalare media di un punto materiale in movimento é il rapporto tra lo spazio da esso percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo.
Considerando intervalli di tempo (t — t0) via via più piccoli, le posizioni P0 e P, occupate dal punto materiale in movimento, sono sempre più: vicine; si troveranno cosi velocità medie scalari tendenti ad un valore limite che si chiama velocità scalare istantanea.
Precisiamo che la velocità, cosi come é stata definita, é una grandezza fisica derivata da una lunghezza e da un intervallo di tempo; di conseguenza la sua unita di misura nel SI è il metro al secondo (m/s)
Chiariamo il concetto di velocità scalare media considerando, per esempio, il moto di un ciclista lungo una pista.
Scelta la posizione O come riferimento, fissiamo mediante un orologio l'istante t0 in cui il ciclista passa per la posizione A: sia, per esempio, t0 = 30 s. Segniamo quindi l'istante t in cui il ciclista stesso passa per la posizione B e sia, per esempio, t = 40 s.
Misuriamo gli spazi so = OA ed s = OB e siano rispettivamente so = 125 m ed s = 245 m.
La velocità scalare media del ciclista nel tratto AB é:
Nella definizione di velocità scalare non vengono precisati la direzione ed il verso del movimento del punto materiale. Per arricchire il concetto di velocita é conveniente considerare la velocità stessa come grandezza vettoriale.
Sia L la traiettoria descritta dal punto materiale in movimento; fissato su L un punto O come origine e scelto come verso positivo quello antiorario, siano P0 e P le posizioni occupate dal punto stesso negli istanti t0 e t. Se i vettori s0 = OP0 ed s = OP rappresentano, rispettivamente, gli spostamenti negli istanti considerati, il vettore
definito dal rapporto tra lo spostamento P0P= (s — s0), e l'intervallo di tempo (t – t0) in cui tale spostamento é avvenuto, rappresenta la velocità vettoriale media.
VELOCITA VETTORIALE MEDIA
La velocità vettoriale media di un punto materiale in movimento é il rapporto tra lo spostamento da esso subito ed il tempo durante il quale é avvenuto lo spostamento stesso.
Considerando intervalli di tempo (t — t0) via via più piccoli, le posizioni P0, e P, occupate dal punto materiale in movimento, sono sempre più vicine; si troveranno, pertanto, velocità vettoriali medie tendenti ad un valore limite V che si chiama velocità vettoriale istantanea.
La velocità vettoriale istantanea nel punto P0 si può rappresentare con un vettore V di origine in P0, avente direzione tangente alla traiettoria in P0, verso coincidente con quello del movimento e intensità eguale a quella della velocità scalare istantanea.
b) Accelerazione
Il concetto di velocità da solo non basta per caratterizzare il movimento di un punto materiale;
occorre anche conoscere come essa varia istante per istante. Siano v0 e v rispettivamente le velocità di un punto materiale nell'istante t0 in cui occupa la posizione P0, e nell'istante t quando occupa la posizione P.
Il rapporto tra la variazione di velocità (v – v0), subita dal punto materiale in movimento ed il corrispondente intervallo di tempo (t — t0) in cui tale variazione avviene, é l'altra grandezza vettoriale che insieme alla velocità caratterizza il movimento: essa viene detta accelerazione media.
ACCELERAZIONE MEDIA
L'accelerazione media é il rapporto tra la variazione di velocità subita da un punto materiale in movimento ed il tempo durante il quale é avvenuta detta variazione.
Considerando intervalli di tempo (t — to) sempre più piccoli si avranno accelerazioni medie sempre più vicine ad un valore limite che si chiama accelerazione istantanea.
Precisiamo che l'accelerazione si può definire anche come la variazione di velocità subita da un punto materiale in movimento nell'unità di tempo.
La sua unità di misura nel SI é il metro al secondo al quadrato (m/s2).
Poiché la velocità di un punto materiale in movimento può variare sia di intensità che di direzione, si definiscono due tipi diversi di accelerazione.
Sia a il vettore che rappresenta l'accelerazione istantanea di un punto materiale quando occupa la posizione P della traiettoria L su cui si muove. Scomponiamo tale vettore in due vettori uno at, in direzione della tangente in P alla traiettoria ed uno an in direzione della normale in P alla traiettoria stessa; i vettori at, ed an , vengono detti, rispettivamente, accelerazione tangenziale ed accelerazione centripeta o normale.
L'accelerazione tangenziale esprime la variazione di intensità della velocità nell'unità di tempo mentre l'accelerazione centripeta esprime la variazione di direzione della velocità nell'unità di tempo.
Leggi della dinamica e gravitazione universale
Considerazioni preliminari
Consideriamo una pallina di ferro appoggiata su un tavolo orizzontale e in quiete relativamente ad esso. L'esperienza mostra che affinché la pallina si metta in movimento rispetto al tavolo occorre una causa esterna, che potrebbe essere una piccola spinta, l'azione di una molia, l'attrazione di una calamita, o semplicemente la mancanza del vincoio, che é il tavolo. In quest'ultimo caso il movimento della pallina é dovuto all'attrazione che la Terra esercita su di essa.
Supponiamo ora che la pallina si muova su una guida rettilinea. Anche questa volta l'esperienza mostra che per variare la sua velocita, o per fermarla, occorre una causa esterna che potrebbe essere l'azione esercitata da un ostacolo posto sul cammino della pallina o semplicemente l'attrito.
In ogni caso, possiamo dire che la variazione di velocità della pallina non e mai un fatto spontaneo e richiede sempre una determinata causa. Osserviamo inoltre che, finché la pallina é appoggiata sul tavolo, essa resta ferma non perché viene a mancare l’attrazione da parte della Terra, ma in quanto c'é il tavolo a impedirne il movimento. In questo caso si puo constatare che la causa che metterebbe in movimento la pallina, se fosse libera, si manifesta, invece, attraverso Ie deformazioni che subiscono sia la pallina che il tavolo. Dalle osservazioni fatte, possiamo dire che:
la forza é la causa della variazione di velocita o della deformazione che subisce un corpo al quale viene applicata la forza stessa.
II concetto di forza e quelli di massa e acceierazione sono alla base della dinamica, cioe del moto e le sue cause. Questa indagine si fonda su tre leggi o principi che furono enunciati dal fisico inglese Isaac Newton (1642-1727) in forma assiomatica nella sua opera <<PhiIosophiae naturalis principia mathematica» pubblicata nell'anno 1687.
Occorre sottolineare che nella formulazione delle leggi della dinamica di Newton i corpi vanno considerati come particelle o punti materiali e la loro massa é ritenuta costante durante il loro movimento (meccanica classica o di Galilei-Newton).
Il principio d’inerzia La prima legge della dinamica di Newton è nota storicamente come legge o principio d’inerzia.
Essa fu intuita da Galileo Galilei come conseguenza dei suoi studi sul moto dei gravi lungo un piano inclinato quando, in particolare, l'angolo di inclinazione del piano stesso é nullo (piano orizzontaie).
Lanciando un grave su una superficie orizzontale, il grave stesso procede con velocita gradualmente decrescente; Galilei comprese che tale variazione di velocita era dovuta aIl'attrito e alla resistenza dell'aria. Riducendo via via tali resistenze, il moto tende sempre ad un moto rettilineo uniforme; nel caso ideaie che queste resistenze venissero completamente eliminate, il corpo dovrebbe procedere sempre con velocita costante in intensità, direzione e verso.
Nei caso di un corpo inizialmente fermo su un piano orizzontaie é evidente che in assenza di forze esso perseveri nel suo stato di quiete. Questo fatto era gia noto sin dai tempi di Aristotele per il quale non era altrettanto evidente come un corpo si potesse mantenere in movimento senza l'intervento di una forza esterna. Bastava pero una analisi piu approfondita per riconoscere che tutti i movimenti si estinguono, se non sono sostenuti da forze attive, a causa delle forze passive (attrito e resistenza
dell'aria). Cio fu compreso, come si è detto, prima da Galilei e successivamente da Newton, al quale si deve la formulazione definitiva del principio d'inerzia che si puo ritenere ancora valida.
PRINCIPIO D'lNERZlA (prima legge della dinamica o di Newton)
Un corpo rimane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme sino a quando non agiscono su di esso forze esterne.
Concludiamo facendo presente che il principio di inerzia non puo essere verificato sperimentalmente in quanto non si riesce ad isolare in maniera completa alcun corpo o sistema di corpi in movimento.
La legge fondamentale della dinamica
Come abbiamo detto nel precedente paragrafo, se ad un corpo, inizialmente fermo o in moto rettilineo uniforme rispetto ad un sistema di riferimento, non viene applicata alcuna forza, esso continua a mantenere il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.
Se pero il corpo é soggetto ad una forza, si osserva che la sua velocita cambia istante per istante; cio vuol dire che, per effetto della forza, il corpo subisce una accelerazione.
Come si comportano corpi aventi massa differente quando vengono soggetti separatamente
all'azione di una stessa forza?
Per rispondere a tale domanda ci serviremo del dispositivo sperimentale in figura costituito da un carrello A che puo essere messo in movimento su una guida rettilinea ed orizzontale.
Dopo aver determinato la massa m del carrello, poniamo il carrello stesso nella posizione M ed applichiamo ad esso una forza tramite il pesetto P, legato al filo f che passa per la gola della carrucola C. Poiché il carrello é libero di spostarsi lungo la guida, esso, sotto l'azione di tale forza, si mettera in movimento. Misuriamo l'intervallo di tempo occorrente per portare il carrello dalla posizione di quiete M in un'altra posizione N e calcoliamo la velocita del carrello stesso nell'istante in cui passa
per N.
In questo modo si puo determinare l'accelerazione del carrello mediante il rapporto tra la variazione della velocita da esso subita nel passare da M ad N ed il corrispondente intervallo di tempo; sia a il modulo di questa accelerazione. Mettiamo ora sul carrello dei blocchetti B in modo da farne variare la massa e ripetiamo piu volte l'esperienza lasciando invariato il pesetto P e, quindi, la forza applicata al carrello.
Se m1, m2, m3, sono, per ciascuna esperienza, Ie masse complessive (carrello più blocchetti)e se a1, a2, a3, sono i corrispondenti valori dell'accelerazione, si verifica, entro i Iimiti degli errori sperimentali, che i prodotti m1xa1, m2xa2, m3xa3, risultano tutti eguali tra loro ed al prodotto mxa trovato inizialmente; si ha quindi:
m1xa1 = m2xa2 = m3xa3 = ma.
Sulla base dei fatti sperimentali esaminati, possiamo stabilire che, sottoponendo corpi diversi alla stessa forza, il prodotto della massa m di ciascun corpo per l'accelerazione a da esso subita si mantiene costante.
Tale prodotto, che indicheremo con F, si puo prendere come valore della forza stessa, cioé:
F=mxa (3-1)
L'esperienza mostra inoltre che la forza e l'accelerazione hanno Ia stessa direzione e Io stesso verso.
Tenendo presente che la massa di un corpo è una grandezza scalare mentre la forza e l'accelerazi0ne sono grandezze vettoriali, la (3-1) si scrivera:
F=mxa (3-2)
La (3-2) e l'equazione fondamentale della dinamica; essa esprime la Iegge fondamentale della dinamica o seconda Iegge di Newton.
LEGGE FONDAMENTALE DELLA DINAMICA (seconda legge della dinamica o di Newton)
La forza applicata ad un corpo libero di muoversi nella direzione della forza é uguale al prodotto della massa del corpo per I'accelerazione che esso subisce.
Prima di chiudere questo paragrafo facciamo an cora due osservazioni:
1) se ad uno stesso corpo si applicano successivamente forze diverse, si verifica che le accelerazioni da esso subite sono direttamente proporzionali alle intensita delle forze stesse: cio vuol dire che la massa di un corpo si mantiene costante ed é una sua caratteristica;
2) se a corpi aventi massa diversa si applicano forze eguali, le accelerazioni da essi subite sono inversamente proporzionali alle loro masse: cio vuol dire che la massa dei corpi è un ostacolo al loro movimento o, in termini più appropriati, che la massa dei corpi é la misura della loro inerzia.
Per questa sua caratteristica la massa viene detta massa inerziale mentre quella misurata con una bilancia e detta massa pesante o gravitazionale.
Nel Sistema internazionale la forza e una grandezza derivata: infatti, come abbiamo visto, essa viene definita, in base alla relazione (3-1), come prodotto della massa per l'accelerazione.
La sua unita di misura é il newton (N) del quale si puo dare la seguente definizione:
il newton é l'intensita di quella forza che agendo su un corpo avente la massa di 1 kg gli imprime l'accelerazione di 1 m/s2.
La legge di gravitazione universale
Prendendo in esame le ieggi sul moto dei pianeti che Keplero, in seguito alle osservazioni fatte dall'astronomo Tycho Brahe, aveva formulato empiricamente, Newton pervenne nel 1687 alla legge di gravitazione universale.
LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Tra due corpi aventi rispettivamente massa m1 ed m2, i cui centri si trovano alla distanza r. si esercita una forza di mutua attrazione agente in direzione della retta congiungente i centri stessi e Ia cui intensità é direttamente proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
nella quale G é una costante che viene detta costante di gravitazione universale.
ll valore di tale costante fu determinato per via sperimentale Ia prima volta da Lord Cavendish nel 1798; riferendoci al SI e alle misure più recenti, si ha: G = 6,673x10-11 Nm2/kg2
Leggi di Keplero:
1) Tutti i pianeti si muovono su orbite eilittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi.
2) Le aree descritte dai raggi vettori congiungenti ciascun pianeta con il Sole sono direttamente proporzionali ai tempi impiegati a descriverle.
3) I quadrati dei periodi di rivoluzione di ciascun pianeta sono direttamente proporzionali ai cubi degli assi maggiori delle Ioro orbite.
La legge di gravitazione universale é stata, e continua ad essere, alla base del progresso della meccanica astronomica e terrestre. Cosi il pianeta Nettuno fu scoperto nel 1846 in quanto la sua esistenza era stata prevista da Leverrier per spiegare, in base alla legge di gravitazione universale, le perturbazioni dell'orbita del pianeta Saturno; analogamente é awenuto per Ia scoperta del pianeta Plutone fatta nel 1930.
Sebbene ancora oggi non si conosca l'ente fisico da cui traggono origine e si trasmettono le forze gravitazionali, la legge di Newton occupa un posto preminente nel campo della meccanica. Essa è ancora alla base del calcolo delle orbite dei satelliti artificiali e della programmazione dei viaggi che le astronavi gia compiono nell'esplorazione del sistema solare.
Il peso dei corpi. Differenza tra massa e peso. La massa della Terra
Lasciando cadere un corpo di massa m entro un Iungo tubo in cui é stato fatto il vuoto e disposto verticalmente, si puo provare che l'accelerazione del corpo si mantiene costante.
In base alla legge fondamentale della dinamica detta accelerazione non puo essere provocata che da una forza, diretta verso ii basso secondo Ia verticale. Tale forza, come gia abbiamo avuto occasione di dire, é il peso del corpo e l'accelerazione é quella di gravità.
Pertanto, se P é il peso dei corpo e g l'accelerazione di gravita, in base alla (3-1) si ha:
P = mg (3-16)
Ma il peso dei corpo non e altro che la forza di attrazione che la Terra esercita sul corpo stesso;
indicando allora con M Ia massa della Terra e con r la distanza tra il suo centro e quello dei corpo, per Ia legge di gravitazione universale, dev'essere:
P=GxMm/r2 (3-17)
Da questa relazione si vede che il peso di un corpo e inversamente proporzionale al quadrato della sua distanza dal centro della Terra. Per il fatto poi che la Terra non é perfettamente sferica e ruota intorno al proprio asse, il peso di un corpo varia oltre che con l'a|titudine anche con la latitudine.
In conclusione possiamo dire che:
mentre la massa di un corpo si mantiene costante, il suo peso invece varia da luogo a luogo e di conseguenza non é una grandezza caratteristica del corpo.
Dal confronto delle relazioni (3-16) e (3-17) si ha:
Mg=GxMm/r2
Da cui
g=GxM/r2
Pertanto i'accelerazione di gravità e indipendente dalla massa dei corpo ed e inversamente proporzionale al quadrato della sua distanza dal centro della Terra.
Dalla relazione nota l'accelerazione di gravità g dei iuogo e Ia distanza r si puo determinare la massa M della Terra.
Riferendoci, per esempio, al livello dei mare e prendendo come valori medi di g e r, rispettivamente,
9,8 m/s2 e 6371x103 m, risulta:
9 8. (6371x103)2/(6.67x10-11) = 5.96x1024 kg