Il nuovo romanzo novecentesco:

 

A inizio secolo la cultura antipositivistica dà vita a un uovo modo di intendere la realtà: il mondo appare ora privo di scopo, il pensiero privo di certezze, l'io privo di stabilità e di coerenza.

Questa mutata percezione delle cose conferma, e viene a radicalizzare lo spostamento del punto di vista narrativo già manifestatosi negli autori citati di fine Ottocento.

Il romanzo si specializza nell'analisi della sfera soggettiva. Dunque il focus del racconto si sposta dall'esterno all'interno del personaggio: dall'esame della società all'analisi della psiche individuale.

 

Il mondo visto dalla parte dell'io

Gli autori  del romando dei primi tre decenni del Novecento amano raccontare non più dall'alto, ma da dentro: raccontano cioè il mondo dal punto di vista soggettivo del personaggio.

La realtà, più che rappresentata nei dati materiali, oggettivi viene rivissuta, giudicata, misurata nei suoi echi interiori; il mondo esterno è trascritto non più direttamente, ma solo per i suoi riflessi sull'individuo.

Perciò la narrativa contemporanea racconta spesso vicende dove non accade nulla, dove cioè l'azione narrativa è minima.

In un racconto incentrato sulla vita intima dei personaggi, cioè che prevale non sono più i fatti, bensì i moti e i flussi della coscienza.

Rispetto alla narrativa ottocentesca classica si è prodotta una vera svolta significativa.

Si è infranta la barriera del Naturalismo cioè è caduto il presupposto per il quale un romanzo racconta la realtà.

Ai narratori novecenteschi non resta che applicarsi alla sfera dell'io.

In Italia il caso più significativo è quello di Italo Svevo: non a caso egli sceglie, La coscienza di Zeno come titolo, il termine coscienza, una parola-tema di grande ricchezza.

Gli autori del nuovo romanzo vogliono dirci come, dietro agli avvenimenti più comuni, si nasconda un mondo variegato, dinamico, fatto di pensieri, sensazioni, intenzioni, istinti, sentimenti, ricordi.

La coscienza, questo vasto questo vasto e mobile mondo di dentro, si rivela spesso a partire da fatti minimi: le epifanie (improvvise manifestazioni) o le intermittenze (rivelazioni) del cuore di Proust. Tutta la realtà viene raccontata dalla parte dell'io, senza alcuna pretesa di esaurirla o di spiegarla compiutamente.

Naturalmente la coscienza su cui si incentra la nuova narrativa non appare più una sostanza definita, bensì una perenne corrente di pensieri. L'io manca di unità, è sempre mutevole, imprevedibile, è malato, come sostiene Svevo nella coscienza di Zeno. All'affermarsi di questi temi lo stimolo più potente lo offre la psicoanalisi, la nuova dottrina scientifica di Freud: svelando l'esistenza dell'inconscio, secondo cui la realtà vera è sempre diversa da quella che appare; anche se tale realtà riguarda noi stessi.

 

La crisi del personaggio

Questi presupposti producono nel personaggio novecentesco una sorta di scivolamento di perdita di fiducia, diventando un personaggio relativizzato, che delle cose ha una visione frantumata, scissa, priva di stabili certezze.

Il personaggio-eroe dei romantici, capace di opporsi a tutto e a tutti pu di affermare un ideale, si scopre adesso debole, corroso da oscure forze negative. Alla figura positiva dell'eroe si sostituisce cosi, la più sfaccettata figura dell'antieroe: un personaggio incerto, ambiguo, malato. Spesso la malattia e la nevrosi sono il segno visibile della sua estraneità al mondo, dovuta a un eccesso di sensibilità e di intelligenza.

Il romanzo novecentesco diviene così il racconto della crisi dell'uomo contemporaneo. Le sue storie  di fallimenti e i suoi sono personaggi pervasi da dubbi e conflitti, disadattati e spesso antisociali. Lo vediamo altrettanto bene nel personaggio inetto di Svevo, nell'escluso di Pirandello.

 

La crisi di un'intera società

Il fallimento non riguarda solo i singoli individui, ma si allarga a un'intera società. La crisi del mondo borghese è un tema particolarmente caro ai narratori di area tedesca. In alcuni autori, il declino dei valori borghesi si intreccia allo smarrimento e all'inquietudine provocati dalla decadenza dell'impero austro-ungarico.

È in tale contesto di caos e di disgregazione sociale che la narrativa novecentesca mette poi a tema l'alienazione, la solitudine, il male di vivere (Eugenio Montale).

 

Un romanzo di tipo sperimentale

Psicologico quanto ai contenuti, il nuovo romanzo è sperimentale per quanto concerne la forma. Generalizzando, possiamo comunque dire che gli autori sperimentano in tre dimensioni prevalenti:

         il nuovo ruolo conferito al narratore,

         le nuove strutture narrative,

         le novità nella lingua e nello stile.

 

La debolezza del narratore

Nasce ora un'idea più umile di narrativa e letteratura. Gli scrittori non si propongono più come portatori di certezze e ideali assoluti. Il romanzo novecentesco rinuncia ormai a presentarsi come reinvenzione del mondo, come messaggio forte e ideologico. Esso si offre al lettore come misura d'igiene e terapia individuale (Svevo, la coscienza di Zeno), come un manoscritto nato per caso, slegato e privo di altre ambizioni che non siano quella di fornire una testimonianza di sé (Pirandello, il fu mattia pascal).

Il narratore novecentesco non è più informatissimo come un tempo. Egli tende adesso a raccontare non più dall'alto, ma dall'interno: dal punto di vista del personaggio, che è debole e incerto.

 

Nuove strutture narrative

Nei grandi romanzi novecenteschi, la costruzione romanzesca sembra priva di ordine, di pianificazione. Il romanzo novecentesco si propone come opera aperta. Il ritmo narrativo si accavalla, si rompe, non è mai lineare e omogeneo.

Il romanzo è aperto soprattutto al fluire disordinato dei pensieri e dei ricordi dei personaggi. On c'è più l'autore a fare ordine: e così passato e presente, nelle narrazioni, si intrecciano e si sovrappongono. Dunque in questi romanzi si accavallano molteplici dimensioni: per esempio il passato e il presente; oppure l'io del narratore e l'io del personaggio, che tendono a sovrapporsi e confondersi.

I risultati sono racconti disordinati ma tutto questo non è casuale. La letteratura novecentesca vuole restituire un'immagine più sincera del mondo complesso e contraddittorio in cui agiscono i personaggi.

I grandi romanzieri novecenteschi tendono a non proporre più ai lettori un'interpretazione predestinata e determinata del mondo.

Le loro opere si offrono a un'inesausta possibilità di lettura; sollecitano chi legge a cooperare attivamente alla costruzione di significati e all'interpretazione del testo.

 

Le nuove tecniche espressive

 

Una delle grandi novità del nuovo romanzo è l'adozione del monologo interiore; esso equivale a esprimere a voce alta i pensieri del personaggio.