cliccate qui per un bel power point sul teatro:
Breve storia del teatro
Testo teatrale
Nasce di solito come testo DRAMMATICO, SCRITTO
Si trasforma poi in una RAPPRESENTAZIONE o SPETTACOLO
Testo drammatico
Viene letto come un testo narrativo e la sua fruizione è INDIVIDUALE
È l’opera di un autore
È suddiviso in atti e scene; si distingue per la presenza di dialoghi, monologhi, didascalie, “a parte”
Per analizzarlo si utilizzano gli strumenti dell’analisi testuale (trama, personaggi, ambientazione…)
“Testo” spettacolare
o rappresentazione
È la messa in scena del testo scritto
La sua fruizione è collettiva (in un luogo specifico chiamato teatro)
È un’opera collettiva allestita da autore, attori, regista, scenografi, costumisti, tecnici delle luci, dei suoni…
Si serve di elementi comunicativi extraverbali: gesti, intonazioni di voce, mimica, costumi, luci, musica…
Ogni rappresentazione è un evento unico, irripetibile, influenzato dal pubblico
Breve storia del teatro
Quando nasce?
Dove?
Dove vengono allestiti gli spettacoli?
Qual è la funzione del teatro?
Quale funzione hanno gli attori?
Quali sono i generi principali?
Chi sono gli autori più importanti?
EPOCA
LUOGO
SPAZIO TEATRALE
FUNZIONE DEL TEATRO O DELL’ATTORE
GENERI
AUTORI
GRECIA
VI-IV sec. a.C.
L’edificio teatrale è un anfiteatro a gradinate
Il t. e gli attori hanno un’importante funzione, collegata al mito
Generi: tragedia e commedia
Autori: Eschilo, Sofocle, Euripide; Menandro
Il teatro a gradinate sfrutta il pendio della collina
La maschera serviva anche ad amplificare i suoni
ROMA
II sec. a.C. – I d.C.
Il t. perde la sua funzione religiosa, diventa puro spettacolo
Autori: Plauto e Terenzio
MASCHERA DELLA COMMEDIA
Medioevo
Non esiste più un edificio teatrale
Il t. si sposta nella piazza
È legato alla religione cristiana
Generi: sacre rappresentazioni e laudi drammatiche
Attori non professionisti
Sopravvivono ancora oggi le sacre rappresentazioni forme di TEATRO ITINERANTE medievale
Il tema religioso è dominante.
Il Natale e la Pasqua le festività più celebrate con sacre rappresentazioni
Esempio di sacra rappresentazione: il compianto di Cristo morto
Rinascimento e 1500
ITALIA
Si riscopre il mondo classico e si recuperano i generi tradizionali
Nascita della commedia dell’arte basata su canovacci
INGHILTERRA
Teatro elisabettiano, domina la figura di William Shakespeare (1564-1616)
Italia
Si fa teatro nelle corti principesche
Gli attori sono i cortigiani, cioè dei non professionisti
Si riscoprono i generi tradizionali
Gli autori sono Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli
Compaiono teatri sul modello classico, ma al chiuso
TEATRO FARNESE DI PARMA
esempio di teatro a gradinate al chiuso;
si fissa il rapporto frontale fra spettacolo e spettatore
Teatro Olimpico di Vicenza:
dominano gli elementi classici
Dei teatri elisabettiani costruiti in legno ci restano solo delle immagini
Un anello aperto al centro, interrotto da una specie di torretta, l’ampio palco si proietta in mezzo alla platea.
Sulla torretta c’è una bandiera che viene issata all’inizio dello spettacolo
William Shakespeare Il più celebre scrittore di teatro di tutti i tempi
Commedia dell’arte
Gli attori sono professionisti
Si basa su canovacci
I personaggi sono tipi fissi, maschere
Non vi sono autori, il testo nasce direttamente dall’attore (capacità di improvvisazione)
Alcune maschere della commedia dell’arte
Seicento
Il palcoscenico è sempre più lontano dal pubblico ed è inquadrato dietro un arco scenico
Il t. si cristalizza nelle imitazioni del t. classico o nelle improvvisazioni della commedia dell’arte
In Italia nasce il melodramma (Pietro Metastasio)
Seicento in Europa
Si afferma il mestiere dell’attore
In Francia e in Inghilterra (teatro elisabettiano), c’è una rigogliosa attività teatrale (è il secolo del teatro)
Grandi autori francesi: Corneille, Racine, Molière
Settecento
Italia ed Europa
Il rapporto frontale è diventato istituzione
Si afferma la classe borghese: declino della tragedia e sviluppo della commedia come satira sociale
Autore principale: Carlo Goldoni (1707-1793)
Carlo Goldoni
Il rapporto frontale tra attori pubblico è diventato la regola
Ottocento
L’edificio teatrale è situato al centro della città e strutturato in modo rigido (luogo per lo spettacolo e luogo per il pubblico, diviso per classi sociali)
Con l’illuminazione a gas (seconda metà del secolo) aumentano le possibilità espressive della luce
Ottocento
Si afferma il melodramma, autori: Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi
Nasce il fenomeno del divismo: l’attore si specializza in ruoli
Si afferma il Realismo: la storia deve essere oggettiva, la scenografia copia perfetta del reale, i personaggi a tutto tondo nasce il dramma borghese
Esempio di arredo teatrale: un salotto borghese, riprodotto sulla scena con ogni particolare
Binocolo da teatro per osservare da vicino tutti i particolari realistici della scena e dei costumi
Teoria delle 4 pareti: lo spettatore è come se osservasse una scena reale, dal buco della serratura
Teatro del Novecento
La luce è considerata uno dei linguaggi teatrali più suggestivi
Nasce la figura del regista: “colui che capisce un testo, ne estrae la sostanza teatrale, la traduce in quella materiale sulla scena, coordinando attori, scene, costumi, luci, musiche, macchine”
Spazio teatrale
Si svuota di scenografie ingombranti e diventa praticabile
Spazio globale: comprende attori e pubblico
Muore ogni idea di illusionismo tecnico: cade la quarta parete
Novecento
Teatro futurista
Teatro pirandelliano
Teatro dell’assurdo
Il teatro deve ricreare sulla scena non la realtà, ma un’altra realtà, quella dell’arte.
Si inventano nuovi codici comunicativi e lo spettatore è soggetto attivo in quanto deve decodificare codici non abituali
Luigi Pirandello
Lo scrittore italiano di teatro più rappresentato all’estero
Funzione dell’attore
L’attore passa in secondo piano rispetto al regista
È un professionista, un creativo che segue un metodo per immedesimarsi nel personaggio
Si riscopre l’importanza del corpo nella comunicazione
Metodo Stanislavskij
Stanislavskij, inventore di un metodo di recitazione diffusosi anche al cinema tramite la scuola Actors’ studio
Metodo Stanislavkij
Pone l’attore al centro del processo creativo: il suo compito non è quello di recitare, ma quello di essere se stesso, dopo essersi calato interamente nel personaggio cui sta dando vita.
L’attore non imita, ma diventa il personaggio che deve rappresentare, in una sorta di gioco
Per Stanislavskij l’attore non recita, ma trova nel personaggio quella identità che la realtà gli nega.
La scuola di New York dell’Actor’s Studio, frequentata dai grandi attori di Hollywood, si basa sul metodo Stanislavskij
Paul Newan si è formato all’Actor’s Studio
bibliografia
M. Carlà, R. Merlante, Scritture e percorsi. Poesia e teatro, Palumbo editore, 2000
http://www.geocities.com/mvsscenografia/bibliografia.html#contemporanea (qui si può trovare una bibliografia completa sull’argomento)
IL TEATRO
A. TESTO DRAMMATICO
TESTO TEATRALE
B. TESTO SPETTACOLARE
Il primo è l'opera letteraria scritta e viene letto come un testo narrativo, quindi per analizzarlo si utilizzano gli strumenti dell'analisi testuale e la fruizione è in genere individuale.
il secondo è la rappresentazione, la messa in scena del testo scritto, per analizzarlo occorrono altri parametri utili per descrivere le peculiarità dell'allestimento scenico, della recitazione, del ritmo, della regia... La fruizione è in genere collettiva, per cui la rappresentazione risulta condizionata dalla presenza di un pubblico.
Testo drammatico e spettacolo non coincidono: sulla scena gli attori, oltre a pronunciare le parole del testo letterario, si servono di elementi comunicativi extraverbali: i gesti, i movimenti l'intonazione della voce; concorrono poi all'allestimento scenico i costumi, le luci, la musica. Lo stesso spazio teatrale (il luogo fisico dove viene rappresentata l'azione) influenza lo spettacolo e soprattutto la sua fruizione da parte dello spettatore.
Il testo drammatico è spesso suddiviso in atti e scene e si distingue per le battute del dialogopronunciate dai vari personaggi e per la presenza delle didascalie; esse sono suggerimenti, a volte in corsivo o tra parentesi, che l'autore dà per la messa in scena, l'apparato scenico o la recitazione degli attori.
Oltre ai dialoghi possono essere presenti dei monologhiin cui il personaggio parla di se stesso, mettendo a nudo la propria coscienza.
Nel testo drammatico incontriamo anche battute come "a parte" (oppure "da sé"), in cui il personaggio trasmette elementi a livello di pensiero, di riflessione o commento, che integrano o a volte contraddicono gli enunciati del dialogo.
Oggi più che mai la realizzazione di uno spettacolo è un'operazione collettiva, molteplici figure interagiscono nell'allestimento con compiti diversi: autore, regista, attori, scenografi, costumisti, attrezzisti, tecnici delle luci, rumoristi... Ogni rappresentazione è un evento che si sviluppa in forme irripetibili, non solo quando si recita a soggetto, ma anche quando esiste un copione che viene rispettato, una interpretazione non è mai uguale a se stessa, esposta e influenzata com'è dalle condizioni della recitazione e dalla risposta (calda o fredda, partecipata o assente) del pubblico.
sintesi storia del teatro
La parola "teatro" voleva dire in greco "guardare con attenzione"; infatti il testo scritto non poteva essere letto ma solo ascoltato e visto rappresentato in una scena teatrale.
I testi scritti teatrali costituivano la letteratura drammatica, che in greco voleva dire "di azione", in riferimento all'agire in scena degli attori. Le principali forme del "dramma" erano la tragedia e la commedie.
Nella tragedia gli eventi riguardavano personaggi illustri e/o mitologici e si concludevano con una catastrofe (omicidio, suicidio...). Gli argomenti trattati erano molteplici e in genere si ponevano come fine il rispetto delle istituzioni, del destino, della religione... Gli attori generalmente erano tre e usavano le maschere, interpretando più personaggi. Esisteva poi un coro, attraverso cui l'autore della tragedia parlava al pubblico.
Gli autori più significativi sono stati Eschilo, Sofocle, Euripide (Seneca in area latina).
Commedia in greco vuol dire "gioia condivisa con altri". Qui infatti i protagonisti non sono né i nobili né gli eroi mitologici, ma la gente comune. Le situazioni sono quelle della vita quotidiana. Il linguaggio è medio-basso e il finale è sempre lieto. La caratterizzazione dei personaggi avviene per tipi fissi (il giovane vagabondo sempre innamorato, il padre avaro, lo schiavo furbo ecc.).
Anche questo genere teatrale nasce in Grecia, dove gli autori principali sono Aristofane e Menandro (in area latina Plauto e Terenzio).
Vedi anche Il teatro greco:
http://www.homolaicus.com/letteratura/euripide/baccanti/5.htm
Teatro medievale
Nel Medioevo il dramma si esprimeva nelle rappresentazioni religiose di episodi del Vecchio e Nuovo Testamento. Ma vi sono anche giullari e saltimbanchi, di piazza e di corte.
L'attore protagonista del teatro medievale è il giullare, che agisce in pubblico (strade, piazze, corti signorili...), non essendo ancora presente un apposito edificio teatrale.
Il giullare sa fare di tutto: suonare, cantare, ballare, recitare, imitare, raccontare storie, fare giochi divertenti e acrobatici, contorsionismi e altro ancora. Fa queste cose da solo o in gruppo, senza differenze di sesso o di età.
A causa della sua parodia-ironia-sarcasmo, ma anche a causa del fatto che trasforma il proprio corpo, finge (come tutti gli attori), non ha fissa dimora, frequenta luoghi poco convenienti e non tiene in considerazione la fede religiosa, è costantemente attaccato dalla chiesa. Proprio per il suo ateismo di fatto è visto come un folle, un perverso, un immorale.
All'opposto della tradizione teatrale del giullare vi è quella del dramma liturgico, dove viene trattato un soggetto sacro, per lo più in forma canora (cori maschili e femminili) e con strumenti musicali, generalmente composto in versi latini, collocato in edifici preposti al culto, possibilmente all'interno di una funzione liturgica o comunque entro un rito sacro, che dagli spettatori venga vissuto come autentico, non come una finzione scenica.
Tutti i drammi liturgici sono incentrati sul tema della resurrezione di Cristo e sulla visita delle donne al sepolcro.
Nel basso Medioevo s'impone nelle città la sacra rappresentazione, che si svolgeva all'aperto, durante le feste o processioni religiose o sacre commemorazioni. Gli spettatori, posti ai lati delle strade o su palchi, assistono a qualcosa che viene recitato da altri, che devono per forza fingere. E' la prima volta che avviene la distinzione tra attore e pubblico.
La Tragedia moderna
Il teatro rinascimentale
Nel Rinascimento le tragedie tornano al modello classico, rispettando i precetti che Aristotele aveva indicato nella sua Poetica: le unità di tempo luogo azione (la vicenda doveva limitarsi a un'unica situazione, accaduta in uno stesso luogo e nell'ambito delle 24 ore). I temi mitologici vennero sostituiti con quelli storici o psicologici degli eroi nobili colpiti da sventure.
In Italia mancò un autentico autore tragico. Il teatro fu più un'esercitazione di letterati che creazione di artisti. Il primo esempio di tragedia in lingua volgare viene offerto da Giangiorgio Trissino (1478-1550), con la sua Sofonisba, che è ineccepibile sotto il profilo del rigore stilistico ma fredda e priva di forza drammatica.
Sulle orme dei tragici greci si posero Ruscellai, Cinzio e Speroni, concedendo ampio spazio al macabro, alle passioni sfrenate, all'orrido. Più equilibrata è l'Oraziadell'Aretino.
Il teatro rinascimentale è anche dramma pastorale, i cui elementi costitutivi sono la fuga dalla realtà, percepita come troppo angosciosa, il miraggio di un mondo ideale, il malinconico senso della fugacità della vita, cui si cerca di opporre una gioia di vivere un po' forzosa. Gli autori principali sono Tasso (l'Aminta), Beccari e Guarini.
Il teatro barocco
Nel Seicento si sviluppano due filoni tragici in Europa: quello legato al mondo classico (in cui si rispettano le unità aristoteliche, le regole compositive, la costruzione razionale dell'intreccio e della psicologia dei personaggi). Gli autori principali sono Pierre Corneille (1606-84) e Jean Racine (1639-99); e quello poco legato al mondo classico, o perché troppo religioso (come in Spagna), o perché rifiuta le regole aristoteliche e si collega a temi storici (come quello inglese di Christopher Marlowe e di William Shakespeare).
Il teatro illuminista
Nel Settecento la tragedia sopravvive in Italia con l'Alfieri, dove la figura principale è quella del tiranno.
Il teatro romantico
Nell'Ottocento i romantici tedeschi (Sturm und Drang) e il milanese Manzoni si rifanno a Shakespeare, per cui rifiutano le unità aristoteliche, usano il coro riservato all'autore, prediligono il realismo ecc.
La Commedia moderna
Il teatro rinascimentale (sino alla prima metà del secolo) non è religioso ma neppure popolare. Non avviene nelle piazze o nelle chiese ma nel palazzo del principe, nelle dimore della ricca borghesia. Viene privatizzato e usato come forma di discriminante sociale. Gli spettatori appartengono ai ceti dominanti, come gli stessi autori e attori. Gli argomenti trattati sono quelli della tradizione plautino-terenziana, ambientati in scene urbane, dipinte sullo sfondo in maniera prospettica (la prospettiva fissa relazioni d'ineguaglianza, in cui il punto di fuga è quello unificante del potere costituito, che dà l'interpretazione ufficiale della realtà). Lo spazio scenico è ricavato occasionalmente in una sala o in un cortile dell'edificio signorile. La scenografia, che rispecchia il potere del principe della corte, è più importante della stessa commedia, che non ha d'altra parte contenuti realistici.
Il teatro signorile del Cinquecento, di cui il massimo esponente è l'Ariosto, anche se la commedia più bella è la Mandragola del Machiavelli, non fa che riproporre continue variazioni agli intrecci scontati della tradizione classica (giovani innamorati, vecchi avari o lascivi, servi astuti, fanciulli rapiti, soldati sbruffoni, la ruffiana, il parassita, gli scambi di persona, i riconoscimenti improvvisi...).
Si può anzi dire che la quotidianità, agli occhi dei commediografi, appaia segnata da molta meschinità, furbizia, spregiudicatezza. Pare che l'uomo non conosca norma morale se non quella del proprio interesse. E' però probabile che la commedia esasperasse la corruzione del tempo per ottenere effetti comici. Si possono qui citare anche i seguenti autori: Benedetto Dovizi, l'Aretino, Francesco Grazzini, Giammaria Cecchi, Giambattista della Porta, Lorenzino de' Medici e anche Giordano Bruno col suoCandelaio.
L'unico elemento realistico ma in chiave caricaturale è relativo alle rappresentazioni dei contadini o villani, che sono sporchi, ignoranti, falsi, ladri, incapaci di tenersi le mogli, bastonati ecc. Basta vedere le farse della Congrega dei Rozzi (nata nel 1531) e quelle di Angelo Beolco detto Ruzzante (1496-1542), gli anticipatori di quella che poi diventerà la Commedia dell'Arte. Il villano è visto con gli occhi del cittadino perfettamente urbanizzato. Gli autori-attori, in tal caso, appartengono alla piccola-borghesia e cercano di farsi strada usando argomenti più vicini alla quotidianità, con un linguaggio popolare-dialettale, abbastanza scurrile.
La Commedia dell'Arte
Definizione e periodo
La prima volta che s'incontra la definizione di “commedia dell'arte” è quando ormai essa era in piena crisi, e cioè nel 1750, quando Carlo Goldoni, riformando il modo di “fare teatro”, parla di quegli attori professionisti che recitano "le commedie dell'arte" usando delle maschere e improvvisando le loro parti.
Goldoni usa la parola "arte" nel senso di “professione” o mestiere: commedia dell'arte come "commedia di professionisti della recitazione" (prima del XVI sec. la commedia rinascimentale veniva recitata da attori dilettanti). In effetti in italiano il termine "arte" aveva due significati: quello di opera dell'ingegno ma anche quello di mestiere, lavoro, professione (le Corporazioni di arti e mestieri).
La definizione di "commedia d’arte" veniva identificata anche con altri nomi: commedia d'improvvisazione, commedia a braccio o a soggetto. All'estero era conosciuta come "Commedia italiana". La Commedia dell'Arte offre il meglio di sé negli ultimi due decenni del Cinquecento e nei primi due del Seicento.
Origine e struttura
La commedia dell'arte era nata in Italia nella seconda metà del Cinquecento in reazione al teatro di corte, accademico, riservato ai nobili che si cimentavano nell’arte dell’attore, dilettandosi con testi poetici, i cui argomenti erano all’insegna del gusto letterario e del divertimento raffinato, elitario, senza fini di lucro. La commedia cinquecentesca (ideata da Ariosto) era basata sui modelli di Plauto e Terenzio.
Ma la commedia dell’arte si oppone anche ai drammi sacri che avevano per attori i chierici, i giovanetti di apposite compagnie religiose o volontari studenti, accademici, dilettanti di varia provenienza, anche se accetta l'idea di fare "teatro in piazza".
In un certo senso la commedia dell’arte si rifà all’improvvisazione dei mimi e giullari di corte, acrobati e saltimbanchi, i quali però avevano solo lo scopo di far divertire, invece ora si vuole insegnare a riflettere sulle contraddizioni sociali attraverso la comicità. Di questi giullari prendono il dinamismo dei corpi, le capriole, le buffonerie, le pose patetiche...
La commedia dell’arte nasce da attori che provengono dal popolo e che hanno bisogno, tutto l’anno, di parlare alla gente comune (artigiani, borghesi, contadini), come risposta ad un potere dominante, quello degli aristocratici, dei regnanti, della chiesa. Nasce da attori che sentono il bisogno di aprire i loro palchi nelle piazze, nei mercati, nelle strade, dove si può radunare una comunità di persone, riunita per motivi quotidiani, come fare la spesa, passeggiare, incontrarsi. A volte agiscono ai margini della città o del villaggio, perché a loro l’ingresso è vietato per imposizione delle autorità del luogo.
Per distinguersi dalla gente comune, questi attori fanno uso di costumi variopinti, arricchiti di elementi vistosi come grandi cappelli, ricchi di piume, di strumenti musicali per richiamare i passanti...
In genere le compagnie erano composte di dieci persone: otto uomini e due donne (in epoca medievale la donna non poteva recitare: le parti femminili venivano fatte da uomini travestiti). Il primo esempio di una compagnia di comici professionisti fu quella che nel 1545 stese un contratto davanti ad un notaio di Padova, in cui gli attori dichiarano di volersi dividere in parti uguali il ricavato dei loro spettacoli, prestandosi mutuo soccorso in caso di incidenti o malattie.
Dalla Commedia al Canovaccio
I testi da recitare si limitavano ad un canovaccio (da "panno grossolano a larghe maglie"), dove veniva data una narrazione di massima indicativa di ciò che sarebbe successo sul palco. Quindi niente testi scritti ma scenari, che permettevano agli attori professionisti di una determinata maschera di improvvisare a piacimento. I temi trattati sono sempre dei contrasti comici tra opposte maschere. Il testo in un certo senso si ricompone solo nello spettacolo, sommando le parti di tutti i personaggi.
Gli attori professionisti erano fieri di recitare a soggetto, senza battute da imparare a memoria, basandosi esclusivamente sulla loro capacità di improvvisazione e senza dover sottostare a particolari scenografie, illuminazione, oggettistica di scena. Ma per praticare questo genere di teatro occorrevano attori che sapessero fare tutto: cantare, suonare, danzare, recitare, improvvisare… e che sapessero soprattutto calarsi nelle specificità locali delle città ove si esibivano.
L'ultima opera teatrale scritta e pubblicata sotto forma di canovaccio fu L'Amore delle tre melarance di Carlo Gozzi del 1761, il maggior avversario della riforma di Goldoni.
Teatro in piazza
Le compagnie di teatranti si spostano da un paese all’altro, in cerca sempre di nuovo pubblico, e introducono il concetto di biglietto da acquistare per coloro che vogliono assistere seduti stando in un’area circoscritta intorno al palcoscenico, destinata a chi vuol portare una sedia per maggior comodità. Oppure si raccoglie una libera offerta da tutti coloro che stanno al di là dell’area circoscritta di solito con delle transenne.
Per potersi spostare agilmente, si organizzano dei carri in cui abitare, dormire e mangiare. Carrozzoni viaggianti in cui poter trasportare costumi, maschere, bauli, strumenti musicali. Queste carovane passano da una regione all’altra, gli attori adottano di conseguenza elementi gergali, espressioni dialettali del posto ove si trovano, per meglio comunicare con il pubblico, si informano sui personaggi più in vista per metterli in ridicolo. Il carrozzone, gli scenari e la maggior parte dei costumi appartenevano di solito al capocomico.
La maschera
I comici dell'arte s’accorsero che il pubblico, a teatro, veniva attratto non tanto dall'autore di una commedia, quanto dall'attore, per la sua capacità di fare variazioni sul tema, di intrecciare in maniera diversa cose già note.
L'uso delle maschere è una conseguenza del fatto che a forza di riprodurre commedie plautine-terenziane, con l'aggiunta di varianti boccaccesche, divenne inevitabile, ad un certo punto, per semplificare le cose, rendendole più facilmente riconoscibili, far coincidere i vari personaggi standardizzati con maschere fisse, sempre uguali a se stesse.
Le maschere vengono modellate secondo i prototipi della società di allora: p.es. il Capitano, rappresentante del potere militare, viene messo in ridicolo con azioni comiche e sproloqui, tic, lazzi, scurrilità; Pantalone rappresenta invece l’anziano padrone di casa, mercante, avaro, geloso, brontolone, che sfrutta e schiavizza i servi, gli umili (Arlecchino, Brighella, Tartaglia); il dottor Balanzone, che rappresenta la scienza seriosa e presuntuosa, viene spernacchiato per le sue baggianate; Arlecchino, la maschera più nota in assoluto, è il servo imbroglione, perennemente affamato, per lui Goldoni scrisse Il servitore di due padroni; Pulcinella è la nota maschera napoletana. Servo spesso malinconico, mescola le caratteristiche del servo sciocco con una buona dose di saggezza popolare; Colombina è la servetta. Fa spesso coppia con Arlecchino, e le sue doti sono la malizia e una certa furbizia e senso pratico.
Ma vi sono molti altri personaggi. Le maschere italiane, i cui caratteri erano divisi in tre gruppi: i vecchi, gli innamorati e i servi, sono circa 200. Ogni regione italiana ha le proprie. Ogni maschera in genere parlava nel dialetto d'origine. Ancora oggi alcune maschere si vedono durante il carnevale.
In sintesi
La Commedia dell'Arte sorge dall'intreccio di questi elementi:
organizzazione mercantile dello spettacolo
professionalizzazione del mestiere
presenza femminile sul palcoscenico
utilizzo delle maschere
improvvisazione delle battute sulla base di un canovaccio
esaltazione della gestualità
linguaggio popolare-dialettale
riferimento all'attualità, con contenuti più laici che religiosi
Le prime contestazioni
Lo sviluppo di queste compagnie provoca delle reazioni da parte del potere costituito (spagnoli, nobili, clero), poiché nelle rappresentazioni si parla di sesso, tradimenti, ruberie, prepotenze, fame, denaro, cioè temi di denuncia, pericolosi per chi deve mantenere il potere sul popolo. In questa forma d'arte, peraltro, la donna tende a emanciparsi dalla propria condizione subalterna. Per questo motivo le compagnie, nel Seicento, si recano sempre più spesso all’estero, soprattutto in Francia.
Nascita dei teatri a pagamento
Verso la metà del Seicento la commedia d’arte viene istituzionalizzata dal potere costituito, che l'assorbe presso i propri teatri, facendole perdere qualunque carica eversiva. Gli stessi comici professionisti mal sopportano che esistano altri comici che s'improvvisano nelle piazze.
Si recita quindi in teatri privati a pagamento, costruiti ad hoc, specialmente a Venezia dove le famiglie nobili e borghesi più intraprendenti iniziano una politica di diffusione, all'interno della città, di nuovi spazi spettacolari dedicati alla recitazione.
A queste commedie assisterà ad un certo punto anche il pubblico popolare, sicché i teatri privati diventeranno pubblici, una sorta di industria culturale che farà arricchire i proprietari dei teatri e che assicurerà un certo reddito agli attori professionisti.
Nel Seicento barocco e controriformista il mondo contadino non viene più sbeffeggiato, ma usato in maniera paternalistica, senza alcun riferimento alle contraddizioni sociali dell'ambiente. Ovviamente in queste commedie è esclusa anche ogni satira antispagnola, ogni critica al militarismo, alla chiesa, ai poteri dominanti. Gli spettatori dovevano soltanto divertirsi, senza pensare troppo ai loro problemi. Il comico infatti diventa una sorta di funzionario statale.
Notevoli comunque sono i miglioramenti tecnici che avevano la funzione di stupire la platea.
Parallelamente alla Commedia dell'Arte si sviluppa il melodramma, che è forse lo spettacolo più tipico del Seicento, dove la poesia (prevalentemente pastorale) viene accompagnata dalla musica.
Moderna commedia
Esempi contemporanei di recitazione improvvisata o a braccio: Petrolini, Charlie Chaplin, Totò, Eduardo De Filippo, Dario Fo e Franca Rame (quest’ultima, figlia di una famiglia di commedianti itineranti che possedevano ancora vecchi canovacci).
ecco una tabella sulla storia del teatro:
STORIA DEL TEATRO
EPOCA |
LUOGO |
SPAZIO TEATRALE |
FUNZIONE DEL TEATRO O DELL'ATTORE |
GENERI |
AUTORI IMPORTANTI |
VI-IV sec, a.C. |
Grecia |
teatro a gradinate sul fianco di una collina |
il t. ha una funzione religiosa, sociale, educativa, trasmette i valori civili, morali e religiosi su cui si fonda la società L'attore è il mediatore verso lo spettatore dei valori del mito, è un cittadino privilegiato, la sua posizione sociale è invidiabile |
tragedia"mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l'animo dalle passioni" commedia in essa predominano temi di attualità politica e satira sociale oppure è caratterizzata da vicende basate su contrasti amorosi |
Per la tragedia Eschilo, Sofocle, Euripide. Per la commedia Aristofane e Menandro |
II sec. a.C. - I d.C. |
Roma |
anfiteatro di forma ellittica |
il t. perde ogni funzione religiosa e diventa puro spettacolo, lo scopo non è più educare il pubblico, ma divertirlo |
prevale la commedia di derivazione greca |
Plauto e Terenzio |
medioevo |
città |
piazza o sagrato della chiesa "luoghi deputati" in legno |
il t. è legato alla religione o alla leggenda gli attori spesso sono anche giocolieri, acrobati o giullari nelle sacre rappresentazioni gli attori sono non professionisti, attori occasionali scelti fra le corporazioni di artigiani |
i generi classici quasi scompaiono nascono le laudi drammatiche, cioè dialogate. dalle quali si svilupperanno le sacre rappresentazioni. Gli argomenti sono episodi delle Sacre Scritture e della vita dei santi. Il pubblico si mescola agli attori e segue vicende già note |
|
Rinascimento e 1500
si cominciano a scoprire le possibilità espressive della luce: sono centinaia le candele disseminate sulla scena o nella sala |
Italia
Inghilterra |
sale delle corti principesche, poi teatro sul modello dei teatri antichi, ma al chiuso: si fissa il rapporto frontale fra spettacolo e spettatore ?
teatro elisabettiano: un anello aperto al centro, interrotto da una specie di torretta, l'ampio palco si proietta in mezzo alla platea |
attori non professionisti scelti tra i cortigiani
attori professionisti
attori professionisti |
riscoperta del mondo classico e recupero dotto dei generi tradizionali
nascita della commedia dell'arte, basata su canovacci, personaggi tipi fissi, maschere. |
Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli
non vi sono autori il testo nasce direttamente dall'attore
W. Shakespeare (1564-1616) |
Seicento |
Italia
Europa
|
il palcoscenico è sempre più lontano dal pubblico, ed è inquadrato dietro un arco scenico sempre più importante dal punto di vista architettonico
|
due filoni: uno classico, uno più innovativo che crea caratteri più complessi ed è attento ad osservare i costumi del tempo
si afferma il mestiere dell'attore |
il t. si cristallizza nelle imitazioni delle commedie e tragedie antiche o nelle improvvisazioni della commedia dell'arte nasce, il melodramma o dramma per musica
rigogliosa attività teatrale
|
Pietro Metastasio
in Francia Corneille, Racine e Molière |
Settecento |
Italia ed Europa |
il rapporto frontale è diventato istituzione |
affermazione economica e politica della classe borghese, declino della tragedia e sviluppo di una commedia in cui si fondono elementi comici e tragici, vi sono nuovi eroi borghesi e vi è una tagliente satira sociali |
rinnovo della commedia dell'arte |
Carlo Goldoni (1707-1793)
|
Ottocento
Con l'illuminazione a gas (seconda metà del secolo) aumentano le possibilità espressive della luce |
Italia
Europa |
l'edificio teatrale è situato al centro della città e strutturato in modo rigido (luogo dello spettacolo, luoghi del pubblico, divisi per classi sociali) teoria delle quattro pareti, lo spettatore osserva dal buco della serratura |
si afferma il melodramma
affermazione di Realismo e Naturalismo: resta solo il dialogo, la storia deve essere oggettiva, i personaggi a "tutto tondo";la scenografia copia perfetta del reale: nasce il dramma borghese |
l'attore tende ad assumere sempre maggiore importanza, nasce il fenomeno del divismo, l'attore si specializza in ruoli |
Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi
Ibsen, Cechov |
Novecento
la luce è considerata uno dei linguaggi teatrali più suggestivi |
|
spazio teatrale privo di sipario, lo spazio si svuota di scenografie ingombranti e diviene "praticabile", spazio globale che comprende attori e pubblico muore ogni idea di illusionismo scenico, cade la quarta parete |
il t. deve ricreare sulla scena non la realtà ma un'altra realtà. quella dell'arte, il t. inventa nuovi codici comunicativi e lo spettatore è soggetto attivo in quanto deve decodificare codici non abituali |
nasce la figura del regista, "colui che capisce un testo, ne estrae la sostanza teatrale, la traduce in quella materiale sulla scena, coordinando attori, scene, costumi, luci, musiche, macchine"; l'attore è in secondo piano, ma è un professionista, un creativo, che segue un metodo per immedesimarsi nel personaggio; si riscopre l'importanza del corpo nella comunicazione; scuola di recitazione di Stanislavskij |
teatro futurista Pirandello Brecht |
Il teatro classico greco Theaomai - guardare Non sappiamo molto delle origini del teatro greco, al di là di quanto ci dice Aristotele nella sua Poetica (secondo cui la tragedia nasce da coloro che intonano il ditirambo; il canto in onore di Dioniso). La storia dello spettacolo teatrale si sviluppa in connessione con la cultura e con la religione. Ad Atene, nel 534 si decide di tenere le cerimonie religiosi, cioè feste in onore di Dioniso. All'inizio c'era il coro che canta (improvvisazioni), successivamente l'attore si stacca dal coro e comincia a dialogare (il coro interroga e l'attore risponde). Questo spettacolo, si realizzava entro uno spazio specifico, l'edificio teatrale, che utilizza un pendio naturale (una collina) su cui viene impiantato un sistema di gradinate a semicerchio intorno al coro. Il coro agisce a livello terra in uno spazio denominato 'orchestra' ('orcheomai' - ballare). Il coro danza e canta mentre l'attore recita. Sul fondo dell'orchestra c'è la skené, che non è ancora la nostra scena, ma un povero edificio (in legno, come l'intero teatro) che serve all'attore per vestirsi. La skené ha l'apparenza di un palazzo reale o di un tempio e spesso ha una porta. L'attore usciva dalla skené su un piccolo palco (logeion) e dialogava con il coro. Il coro è rappresentato prima da 12 e poi da 15 persone e inizialmente c'è un solo attore (sempre maschi). In seguito Eschilo introduce un secondo e Sofocle un terzo attore. Sia il coro sia gli attori portavano le maschere sul volto. Questo spettacolo era organizzato dallo Stato ateniese, il cui pagava solo gli attori (i primi attori sono anche autori), mentre il coro era pagato dai ricchi cittadini privati. In questo modo lo Stato riconosceva la funzione civile del teatro. I teatri più importanti sono il teatro di Siracusa e quello di Atene. La tragedia greca trattava del mito, degli dei, degli eroi e delle eroine, ma dentro il mito c'era sempre l'interrogazione sul destino umano (il fato), e questo destino è sempre tragico presso i Greci. Nel mondo tragico non c'è redenzione. Aristotele individua il modello di tragedia perfetta nell'Edipo re di Sofocle. Secondo lui, la tragedia ha un carattere elevato e mette in scena uomini superiori a quelli della realtà (la commedia invece quelli inferiori). La tragedia produce, mediante pietà e terrore la catarsi dei sentimenti, cioè produce una purificazione delle passioni. Tutti gli intrecci delle tragedie che ci sono pervenute (32) trattano vicende estreme. I personaggi aristocratici delle tragedie sono la proiezione di desideri trasgressivi che i membri di una società ordinata, civile e democratica possono solo sognare, e che non possono consentirsi di praticare. In quanto riguarda la rappresentazione scenica, Aristotele ci informa che è stato Sofocle a introdurre per primo `skenografian', la decorazione della scena. La commedia si afferma un pò in ritardo rispetto alla tragedia. Gli antichi filologi distinguevano la commedia antica, rappresentata da Aristofane, da quella di mezzo e dalla commedia nuova, rappresentata da Meandro. Gli attori della commedia impersonano figure buffonesche. Per i Romani il teatro non era mai legato ai valori dell'intera comunità e non aveva un carattere etico. Interessava un'élite culturalmente più raffinata e a teatro si andava solo per divertimento. Gli spettacoli rappresentati erano composti dai mimi e dai giochi del circo (in seguito dai gladiatori). La tragedia fu praticamente trascurata, una certa fortuna ebbe la commedia per il suo carattere comico. I comediografi più significativi sono Plauto e Terenzio (Seneca, filosofo, scriveva tragedie). I Romani costruivano i teatri nei centri delle città. Il semicerchio non ospita più il coro, ma persone d'onore come preti e senatori. Il coro ha la funzione solo dell'accompagnamento musicale. Il palcoscenico è più grande e ornato. Il teatro romano poteva essere chiuso con la vela. 1 Gli spettacoli andavano anche verso l'osceno, i romani ritenevano fosse educativo vedere esseri umani ammazzati perché questo rinforza lo spirito della popolazione militare. Negli ultimi secoli della romanità lo spettacolo si è tradotto essenzialmente nei combattimenti fra gladiatori o fra gladiatori e animali feroci. Esistevano anche i mimi-donne che procedevano ai veri strip-tease. 2. La scena medievale Il Medioevo non possiede l'idea del teatro. La perdita è dovuta alla disgregazione delle forme culturali dopo la dissoluzione dell'Impero romano e dalla durissima campagna contro il teatro della Chiesa cattolica che riteneva che il teatro avesse natura diabolica. Inizia l'abbandono degli edifici teatrali, però resta una spettacolarità di strada, costituita dalle modeste performances dei mimi e degli histriones (acrobati, musici, danzatori...). Questo tipo di spettacolo non era fondato sul personaggio, ma sul concetto di rappresentazione. A partire dal XIII secolo la Chiesa si rende conto che il popolo e la gente non colta possono essere meglio raggiunti con l'evidenza delle cose mostrate più che con la parola. Lo spettacolo è dunque considerato utile come mero mezzo comunicativo, strumento di educazione dei fedeli. Si procede con una drammatizzazione della liturgia (quem quaeritis) e in seguito la rappresentazione passa dall'interno della chiesa in piazza. Gli esecutori potevano essere laici, ma gli organizzatori dovevano essere preti perché le didascalie erano in latino. Il teatro religioso si estese su tutta l'Europa. La scena medievale era multipla, i due luoghi estremi rappresentavano il Paradiso e l'inferno, in mezzo c'erano delle case sparse, ognuna delle quali rappresentava un luogo (tempio, carcere...). Così il pubblico vedeva tutte le scene contemporaneamente. Il teatro medieavale non ha edifici teatrali perché non riconosce la realtà teatrale, lo spettacolo è fatto in piazza, o in vari luoghi della città, o con scene montate sui carri (luoghi deputati). Il modello del dramma sacro era dominante per tutto il '400. *Gli attori presso i Greci sono professionisti, presso i Romani sono schiavi e nel Medioevo sono dilettanti (amateri). *Il passaggio dal Medioevo all'Età Moderna è contrassegnato dal fatto che il potere politico si trasmette dalle vecchie aristocrazie feudali ai nuovi ceti, quelli borghesi. 3. Il primo Cinquecento: il Rinascimento In Italia, nel corso del '400, si afferma la cultura umanistica.
L'intero patrimonio culturale del mondo antico vine rimesso in circolazione e con esso anche il teatro. Le accademie sono i primi centri di rielaborazione dove gli studenti analizzano e mettono in scena tragedie e commedie. Le corti principesche si circondano di artisti e di intelettuali ed è proprio la corte a farsi centro della diffusione del teatro moderno. Il teatro rinascimentale è chiuso nei palazzi principeschi e si riferisce a un'élite. Questo è un fenomeno nuovo che possiamo chiamare la privatizzazione del teatro, il teatro diventa uno status symbol. Nelle piazze delle città il popolo continua ad assistere alle sacre rappresentazioni. Nel Rinascimento il teatro si costruiva per le feste si aveva l'idea di partecipare a un pezzo di festa. La scenografia rinascimentale cercava di unificare il luogo dello spettacolo in un quadro solo, e per fare questo era necessario sintetizzare 3 elementi: la casa medievale, la struttura del teatro latino e la prospettiva. La prospettiva era la nuova sperimentazione scientifica. Il fondale dipinto è solo la porzione che chiude la prospettiva delle case, appunto sul fondo. I primi casamenti sono dipinti su quinte in profondità, integrate da elementi in rilievo in legno e stucco. La scena prospettica risulta così tridimensionale. Gli attori sono costretti a recitare unicamente in proscenio. Il punto centrale della scena deve corrispondere al punto di vista del Principe perché lui guarda sé 2 stesso guardando la città dipinta (si mira sempre a Roma, una città ideale). Nella scena prospettica c'è un unico fuoco, così come la città ha un unico centro di potere. Sebastiano Serlio ne "Il secondo libro di prospettiva" (Parigi, 1545) individua 3 scene standard: - La scena della tragedia: rappresenta i palazzi perché riguarda persone nobili - La scena della commedia: la piazza, o un tempio per i matrimoni perché riguarda persone di basso livello - La scena del dramma pastorale: un bosco *Dipingere o creare una scena era la stessa cosa, molti spettacoli portano la firma di artisti come Leonardo, Raffaello, Mantegna... *Accanto alla commedia e alla tragedia, nel `500 si impone un nuovo genere di commedia pastorale che avrà il suo capolavoro con l'Aminta di Tasso (1573). I principi non costruivano edifici teatrali, solo alla fine del `500 vengono costruiti il Teatro Olimpico di Vicenza e il Teatro Olimpico di Sabionetta. Il Teatro Olimpico di Vicenza è progettato da Andrea Palladio e inaugurato nel 1585 con la tragedia Edipo re. È il primo teatro costruito in maniera degli antichi. La scena unisce i 3 elementi, la casa medievale, il teatro latino e la prospettiva. È un teatro chiuso, ospitato all'interno di un palazzo, con il soffitto dipinto. È una sala teatrale piuttosto che un edificio teatrale. Il Teatro Olimpico di Sabionetta è costruito nel 1588 da Vincenzo Scamozzi. Qui abbiamo il teatro (l'edificio) e la sala teatrale in un unico luogo. Qui, a differenza di Vicenza, le scene possono essere sia della tragedia, sia della commedia, sia del dramma pastorale. Senese Niccolò Campani, detto lo Strascino, è la figura più nota nel primo 30ennio del secolo (attore e autore). La novità più significativa riguarda la commedia rusticana o commedia alla villanesca. L'area senese si specializza nella definizione del personaggio teatrale del villano. Fuori dalle corti centro-settentrionali il teatro si diffonde con un certo ritardo. Venezia degli anni '20 è caratterizata da una varietà di stili spettacolari. Padovano Angelo Beolco, detto Ruzante scrive e recita i suoi testi che presenta spesso a Venezia. È l'esempio più alto della commedia villanesca. Nelle sue prime opere troviamo il contadino che ha un carattere buffonesco ma nelle opere successive diventa un personaggio autonomo. I due capolavori di Beolco sono Parlamento e Bilora. In queste due opere Beolco mette allo scoperto le contraddizioni del quadro sociale, il rapporto di sfruttamento e di alienazione che la campagna ha nei confronti della città (novità). Nella sua ultima fase scrive le commedie la Moscheta e L'Anconitana. Nel 1531, a Siena, si ha la costituzione di una precisa associazione di attori-autori dilettanti che incentra il proprio lavoro entro il mondo contadino (erano tutti artigiani). La Congrega dei Rozzi rifiutava i gentiluomini e puntava quasi esclusivamente sul personaggio del villano che conquista la centralità scenica. Il punto di partenza dei Rozzi è sempre la tradizionale satira antivillanesca. Il più importante dei Rozzi era Salvestro, detto il Fumoso. Anche a Firenze il teatro si diffonde relativamente tardi. Qui manca una organizzazione principesca dello Stato (l'istituzione republicana si alterna con la presenza dei Medici). Gli spettacoli fiorentini del primo 30ennio sono cerimonie urbane organizzate dall'Araldo che è anche un attore-autore. Inoltre, si ha la presenza delle compagnie che svolgono una fondamentale opera di organizzazione e di promozione teatrale. Con la Mandragola di Niccolò Machiavelli affiora il 3 profilo di una scena cittadina. Anche la sua commedia successiva, Clizia, porta avanti un discorso sulla contemporaneità. Le due commedie mettono a fuoco i problemi sociali della borghesia cittadina del tempo della rppublica fiorentina. Mandragola viene rappresentata in tutta Italia. Lodovico Ariosto comincia con i modelli classici ne la Cassaria e i Supposti. Dopo compone la commedia Lena che racconta la miseria sociale di due emarginati della Ferrara del tempo, però con un lieto fine non tradizionale (tutti si sposano, coppie legittime e non legittime). Il frutto più maturo del realismo rinascimentale, accanto al teatro del Beolco, è l'anonima Veniexiana che già nel titolo sottolinea la centralità della dimensione urbana, significando la commedia di Veniexia (Venezia). Racconta la storia di due nobildonne che si `competono' per l'amore del bel Iulio, un forestiero milanese che trascorre momentaneamente dall'una all'altra. La Vienexiana è una anticommedia, non ha nulla a che fare con il panorama classico del teatro `500esco. Le parti della commedia sono prive di collegamenti interni, non ha il finale, rifiuta le canoniche unità di tempo e di luogo. Diversa è anche la sensazione dello spazio, lo spazio aperto è lo spazio degli servi, degli esseri inferiori, lo spazio chiuso è invece privilegio e le due protagoniste compaiono unicamente in questo. La commedia vede anche l'erotismo come simbolo del fallimento della classe borghese. La Vieniexiana rappresenta una richezza di caratteri, una complessità psicologica e verità umana. 4. Il secondo Cinquecento: la Commedia dell'Arte Nel 1545 otto uomini si presentano davanti a un notaio di Padova per stipulare un contratto. Hanno deciso di costruirsi in una sorta di società per recitare commedie al fine di guadagnare soldi. Questo documento contrassegna la nascita della Commedia dell'Arte e l'invenzione di una nuova professione. L'arte diventa un mestiere e l'attore un professionista. I comici dell'Arte facevano pagare il loro teatro ed erano sempre in viaggio in ricerca di un pubblico nuovo. Avevano i ruoli fissi, in cui ogni attore si specializza e usavano i canovacci (chiamati anche scenari, sono riassunti degli intrecci a grandi linee) che in qualche modo sostituiscono il testo, sulla base dei quali improvvisavano le battute. Non c'era testo unitario, ogni attore aveva solo il testo della sua parte. Il testo si ricomponiva solo nello spettacolo. Di grande efficacia è la novità delle maschere tratte dal folclore però la caratteristica decisiva della Commedia dell'Arte è la forte sottolineatura della gestialità della recitazione, della piena valorizzazione del corpo. Intorno al 1570 si ha l'invenzione revoluzionaria della donna sul palcoscenico e il corpo femminile inizia ad alimentare l'industria dello spettacolo. La Commedia dell'Arte dura da metà `500 a metà `700. Al tempo di Goldoni gli attori non sono in grado nemmeno di scriversi i canovacci da soli, e Goldoni si avvicina al teatro proprio come compositore di canovacci. I comici illustri che operavano nelle grandi sale dei palazzi borghesi erano i coniugi Isabella e Francesco Andreini, e Flaminio Sala. 5. La scena elisabettiana tra `500 e `600 La rottura all'interno delle corti che si realizza in Italia non si determina in tutta l'Europa (solo la Francia subisce l'influsso del Rinascimento italiano). Negli altri grandi paesi europei prosegue la tradizione del teatro medievale. Si impone comunque una mentalità moderna. Shakespeare organizza i suoi intrecci ignorando assolutamente le unità di tempo e luogo. In questi paesi il teatro registra una dimensione maggiormente di massa, il ruolo del teatro a quell'epoca è simile a quello della tv oggi. Londra definirà i primi tratti di quella che si chiamerà l'industria dello spettacolo. Qui il teatro non è riservato a un'elité, ma c'è un pubblico interclassista di paganti che 4 acquista la merce teatro. Ma dall'altro lato, in Inghilterra è molto forte l'opposizione di principio all'idea stessa del teatro. La tradizionale avversione della Chiesa cattolica è rinforzata con la Riforma protestante e poi con Puritani di Cromwell si ha la chiusura di tutti i teatri per un ventennio (1642-1660). Al tempo di Elisabetta I (regna dal 1558 al 1603) i teatri venivano costruiti a forma vagamente circolare, all'aperto ed erano simili alle arene di combattimento. Il palcoscenico inglese si protende dentro la platea e gli spettatori circondano in qualche modo gli attori. Sul palcoscenico c'è una botola, che simboleggia l'inferno, e sul fondo c'è un paio di colonne che sostengono una tettoia. In alto, sempre sul fondo, c'è una balconata dove possono stare sia musicisti sia attori. È un teatro scenograficamente povero, anche senza effetti di luci. Le compagnie sono piccole, i personaggi femminili sono recitati da giovani maschi (le attrici ariveranno solo con la riapertura dei teatri, con il ritorno del nuovo re Carlo II). L'Inghilterra era all'epoca un paese in profonda trasformazione, sulla via di imporsi sulla scena mondiale come grande potenza marinara e mercantile. A ciò corrisponde una società caotica, di ribelli. Molti tra gli scrittori di teatro avevano vite drammatiche e talvolta brevi. Christopher Marlowe è un intellettuale, omosessuale, collaboratore dei servizi segreti del tempo. Muore giovane, come suo amico Thomas Kyd, coinvolto anche lui nel servizio segreto. La tragedia spagnola di Kyd è un'ottimo esempio di tragedia della vandetta che avrà larga diffusione nella civiltà elisabettiana. Marlowe ottiene un grande successo con Tamerlano il grande, Doctor Faustus, L'ebreo di Malta. È una dramaturgia aperta alla contemporaneità. Ben Jonson è attratto dai classicisti, ma il suo Volpone è un ottimo esempio di realismo e di una dura critica della società del tempo. In questo quadro si colloca anche William Shakespeare che non era un grande interprete, il suo impegno principale era quello di fornitore di copioni scritti parte in versi parte in prosa. Ha una lunga serie di capolavori, da Riccardo III fino a La tempesta. La sua opera più celebre è l'Amleto, che è quasi sicuramente la ripresa di u precedente Amleto, scritto probabilmente da Thomas Kyd. È particolarmente significante il dramma nel dramma (l'invenzione del teatro elisabettiano) che Shakespeare porta a un grado di grande raffinatezza. Qui troviamo una grande metafora proprio sull'dea del teatro, il re Claudio resta indifferente sia quando Amleto gli racconta la trama della tragedia sia di fronte alla pantomima, entra in crisi solo quando nella scena dell'uccisione del re l'attore che impersona l'assassino comincia a parlare. Quindi il teatro non è gesto, movimento, danza, racconto, ma la parola, parola agita dall'attore. Solo coma parola il teatro coinvogle gli spettatori fino a sconvolgerli. L'epopea elisabettiana si chiude con John Ford e il suo capolavoro "Peccato che fosse una sgualdrina" che racconta la storia di una società cinica e crudele e di un amore incestuoso fra fratello e sorella. 6. La scena spagnola tra `500 e `600 I teatri fiorirono in Spagna all'incirca nello stesso periodo dei teatri elisabettiani (1570-1580). Dal punto di vista storico tra Spagna e Inghilterra in questo periodo si ha un processo inverso. L'Inghilterra si espande con Enrico VIII e la Spagna, dopo aver raggiunto il suo culmine con Carlo V, decade rapidamente. Con l'esplodere della Riforma protestante nel 1517 e poi con la Controriforma cattolica (i Gesuiti) nel secondo `500 si hanno vere e proprie guerre di religione. Questa situazione influenza profondamente anche il teatro. Si compongono testi di teatro profano e testi di carattere religioso. Le commedie attingono a personaggi e figure della Bibbia e della vita dei santi. Al centro della
i delle case contigue, con il palcoscenico impiantato a una estremità dello spazio. Sul terreno in piedi sta il pubblico popolare (sempre come nei teatri inglesi) e intorno, lungo i muri, ci sono le gradinate per i più ricchi. In fondo c'è la cazuela per il pubblico femminile. I balconi e le finestre delle case circostanti sono riservati per i nobili. L'unico teatro dell'epoca conservato è Corral di Almagro (Mancia-Don Chisciotte), costruito nel XVI secolo. Nonostante la presenza dei Comici dell'Arte, la drammaturgia resta legata alla tradizione medievale. Carpio Lope de Vega con la sua `commedia nueva' ripropone i moduli della tradizione medievale come ad esempio la libertà spazio-temporale e la mescolanza di tragico e comico (da vita alla tragicommedia). Elementi di innovazione sono una decisa attenzione alla problematica contemporanea. Il testo più famoso di Lope e `Fuente Ovejuna' (un contadino che si diletta a violentare le donne). Altri famosi autori di questo periodo sono Ferdinando Rojas, Pedro Calderon de La Barca e Tirso de Molina. Rojas è l'autore di una sola opera, `Commedia di Calisto e Melibea', che è più un testo teatrale da leggere che da rappresentare. Il testo è composto su modelli medievali però c'è anche una dimensione moderna dei personaggi. Tirso de Molina è l'autore del celebre `L'ingannatore di Sviglia e il convitato di pietra', il testo fondatore del mito secolare di Don Giovanni. Don Juan di Molière (Don Giovanni o il convinto di pietra, 1665) è solo interessato al piacere istintuale dei molteplici rapporti con le donne. Il punto più alto del teatro spagnolo del `600 è rappresentato da Calderon de La Barca il cui capolavoro è costituito da `La vita è sogno' (1635). * Nel complesso, il `600 è un secolo d'oro per il teatro. 7. La scena francese del Seicento Per la vicinanza georafica all'Italia, la Francia diventa a tutti gli effetti la seconda patria della Commedia dell'Arte. Dal punto di vista dello spazio teatrale, vale in Francia quella che si chiama appunto la sala all'italiana, con il pubblico contrapposto frontalmente agli attori, che operano dinanzi a una scena prospetica. I tre grandi autori sono Corneille, Molière e Racine. In Francia l'aristocrazia tenta di usare il teatro come arma ideologica, per celebrare i valori che definiscono la propria superiorità di classe. Da questo punto di vista Cid di Corneille è un'ottimo esempio. Corneille dipinge gli uomini come dovrebbero essere, e il suo successivo, Racine, come essi sono. La modernità di Racine è nella sua capacità pre-freudiana di scavare nella psicologia dei personaggi. Questo si nota già in una delle sue prime tragedie, Andromaque, che fu un grande successo, certo più della Fedra. L'ultimo grande è Molière, autore e attore, leader di una comagnia teatrale. Le sue opere come Tartufo, Don Giovanni, Il misantropo, anticipano il cosiddetto dramma borghese. Molière, a differenza di Shakespeare, impianta il proprio teatro sulla base di un'attenzione alla tematica dello spazio e alla dimensione della prosemica (il rapporto di distanza o vicinanza che gli attori mantengono sulla scena). 8. Settecento: la nascita del dramma borghese A metà del Settecento di definisce il nuovo capitale genere del dramma. L'atto di fondazione della nuova cultura illuminista è l'Encyclopédie. La pietra militare è costituita dal primo testo teatrale di Diderot, Il figlio naturale. Qui Diderot fissa due punti basiliari del nuovo discorso della cultura borghese: il valore pedagogico del teatro (la sua capacità di fare impressione sugli spettatori) e la qualità dei contenuti drammaturgici che vanno estratti dalla dimensione della vita vissuta. Cambia 6 anche lo spazio scenico, il pubblico è nel buio e la scena e illuminata, quindi gli attori tendono di fatto a non vedere il pubblico seduto in platea. Il dramma borghese impone la propria drammaturgia facendo valere prima di tutto il proprio spazio. Il palcoscenico coincide con il salotto. Diderot è stato accusato di aver tratto il suo Figlio naturale da Il vero amico di Goldoni. In Goldoni, però, non c'è mai questo sapore di vita borghese vissuta. I spazi delle sue commedie sono vuoti. La locandiera si svolge in un luogo anonimo, quasi pubblico, in una zona di passaggio fra l'esterno e l'interno. In Goldoni c'è una connotazione fondamentale, quella delle porte, luoghi di passaggio, che dovrebbero difendere l'intimità dell'interno e che invece si rivelano oggetto di violenza esterna. Ne Il figlio naturale di Diderot i personaggi parlano continuamente di denaro, e questo diventa il segno di una ossessione sociale. Il dramma non è più finzione ma realtà. 9. L'intermezzo, classici-romantici A metà del Settecento commedia e tragedia cominciano ad essere soppiantati dalla nuova forma teatrale del dramma (o dramma broghese). Il francese de Beaumarchais scrive ancora le commedie, Il barbiere di Seviglia. Voltaire resta fedela alla forma canonica della tragedia. In Italia l'autore più significativo è Vittoio Alfieri. Le sue tragedie hanno contenuti greco-romani e si tiene alle regole aristoteliche. Intorno al 1770 in Germania fiorisce il grande movimento Sturm und Drang (Tempesta e assalto). Schiller e Goethe contrappongono al dramma diderotiano (ma anche alla tragedia classica francese) il modello di Shakespeare. I romantici tedeschi ribadiscono la centralità della tragedia pura, come l'Io in rivolta contro le realtà esistente, alla piatezza della prosa oppongono la poesia, al controllo delle passioni l'esoplosione delle passioni, l'individualismo del protagonista, lo spazio aperto al salotto borghese. Alessandro Manzoni si concentra essenzialmente sul problema dell'unità di tempo e di luogo di aristotele. Osserva che il teatro è stato duramente contestato dai grandi moralisti francesi e da Rousseau perché immorale, ma la sua immoralità è determinata dalle regole di unità di tempo e di luogo. Immorale è infatti solo la tragedia classica francese. In effetti, è la predominanza del tema passionale-amoroso che fonda l'immoralità. Il romanticismo esporta tensioni morali e teorie estetiche più che tipologie drammaturgiche. In Francia ha durata brevissima, non più di 15 anni. Alla fine del romanticismo francese trionfa Alfred de Vigny con Chatterton dove intreccia sentimenti e passioni con le barriere sociali.
La generazione successiva procede con Alewandre Dumas (figlio di Dumas, celebre autore de I tre moschettieri) che nel 1852 fa rappresentare La signorina delle camelie, riduzione teatrale di un suo romanzo. Lo spettacolo ebbe grande successo e Verdi tradurrà la vicenda nella musica del suo melodramma La traviata (1853). Il trionfo de La signorina delle camelie dimostra che la classe borghese va verso la rappresentazione delle problematiche della vita quotidiana. Già in epoca pienamente romantica (fra la metà degli anni '30 e la metà degli anni '40) il genere largamente dominante a Parigi è il `vaudeville', un prodotto industriale fatto in serie, in cui parti dialogate si alternano a canzonette. Con il tempo scompaiono le parti cantate, ma resta una struttura costituita da situazioni piccanti, sempre a base di sesso e a lieto fine. Il vaudeville è il punto di partenza dei più popolari autori francesi dell'800, da Scribe a Labiche, da Sardou a Feydeau. 10. Fine `800 tra Marx e Freud Negli ultimi anni dell'800, superato l'intermezzo romantico, la linea puritana-rousseauiana è stata definitivamente battuta. A questo punto si determina un'altra divaricazione importante all'interno 7 della borghesia, quella che contrappone il divertimento all'istruzione, lo svago alla riflessione intellettuale. La borghesia tende di investire il teatro di una funzione di cogliere e di comunicare i segni profondi dei mutamenti epocali che il trionfo del capitalismo ha comportato a livello europeo. L'infittirsi della popolazione urbana nelle metropoli dell'Occidente crea le condizioni di un mercato per la vendita dei prodotti dell'industria dello spettacolo. Si ha la moltiplicazione degli edifici teatrali nelle città. Il pubblico è ormai diverso da quello della prima metà del secolo. È un pubblico eterogeneo, meno acculturato, costituito spesso di `nuovi ricchi', di commercianti, con una sete più avida di denaro, di divertimento e di sesso. Si afferma una forma particolare di teatro che è il `caféchantant' o `café-concert', cioè un locale in cui i consumatori possono ascoltare musica ed esibizioni di canto. All'inizio c'era solo una pedana per il cantante e un orchestrina ridottissima, poi si passa a piccoli palcoscenici all'italiana, in fondo alla sala, con fossa d'orchestra e qualche ordine di palchi. A musicisti e cantanti si affiancano comici, danzatori, acrobati, giocolieri, illusionisti e performers di ogni tipo e colore. Uno spettacolo composto cioè di una varietà di numeri, destinato a diventare il vero e proprio teatro di varietà. Il caf'-conc' è il luogo dove si assiste all'esibizione teatrale fumando, bevendo, mangiando, in cui il dato artistico è degradato a semplice integrazione della consumazione. Tutto il teatro ottocentesco è governato dalla logica del visuale, del piacere dell'occhio. Domina ovunque la sala all'italiana. Il centro della gravità non è sul palcoscenico ma nella platea. In quanto riguarda la tela dipinta, gli ultimi decenni hanno perfezionato al massimo grado le tecniche complementari della prospettiva e del trompe-l'oeil. Le attrici sono interpreti di personaggi, ma anche indossatrici di abiti lussuosi, che esibiscono in primo piano. Ibsen, Srtindberg, Cechov Il norvegese Henrik Ibsen è il principale rappresentante di un teatro che si pone come momento di alta riflessione sulla codizione borghese. È lui l'inventore di quello che possiamo chiamare il teatro del salotto borghese. Se è con Diderot che le didascalie iniziano a infittirsi per definire meglio l'interno della casa, è con Ibsen che queste didascalie diventano significative, cominciano a raccontare la vita dei personaggi prima che entrano in scena. I protagonisti di Shakespeare e Molière possono muoversi ovunque, anche in uno spazio aperto, quelli di Ibsen possono stare solo nelle loro case che sono connotate come loro. Con Una casa di bambola (1879) Ibsen inventa genialmente il personaggio capitale del terzo escluso, funzionale alla felicità della coppia. Nel teatro di Ibsen si origlia moltissimo, ma non sono tanto i servi a origliare i padroni, ma i padroni a origliare i padroni. Ibsen è il poeta delle porte socchiuse, il tema dell'origliamento non è sempre esplicitato chiaramente, ma solamente alluso. In Spettri (1881) il teatro diventa lo specchio critico della società, il luogo deputato a dibattere seriamente le grandi questioni della famiglia, del lavoro, della carriera. Ibsen introduce la sorprendente novità formale della discussione, impone la riflessione, l'analisi dei problemi. Nasce la cosiddetta tecnica analitica dei drammi ibseniani. Sulla scena Ibsen evoca i mostri dell'inconscio, i suoi personaggi hanno scheletri dentro gli armadi e lui s'incarica di metterli allo scoperto (Rebekka di Rosmersholm '86, Hedda Gabler '90). Uno dei registi più geniali del teatro italiano, Massimo Castri, ha parlato di Ibsen come di `gemello di Freud'. I primi capolavori dello svedese August Strindberg, nel gusto del naturalismo, risultano fortemente incentrati sul tema dello scontro dei sessi. Strindberg non esita a dichiarare che il linguaggio dell'eros è anche il linguaggio della violenza. Un pò diverso è il terzo grande rappresentatore della drammaturgia europea, il russo Anton Cechov che sembra operare una radicale trasformazione della tipologia del dramma di fine `800. La materialità dei bisogni 8 fisiologici invade poco a poco lo spazio sublimato della casa della borghesia. Il salotto tende a porsi come una sorta di paradossale luogo pubblico in cui la gente circola liberalmente. Il salotto da interno si fa esterno. In Ibsen c'è sempre un'eroe, un protagonista, circondato da un coro di altri personaggi, in Cechov c'è un gruppo di personaggi privo di un centro. È sempre problematico individuare l'attore principale di un testo di Cechov. Con Ibsen e Strindberg si allarga la prospettiva, in uno spazio si muove una folla di persone. Anche la struttura del dialogo muta, non più la prevalenza di duetti, di scambi di battute, ma un'insistenza decisa su concertati corali. L'eredità più significativa di Ibsen e Strindberg è l'indagine sui mostri dell'inconscio. Cechov (come I e S) sembra appartenere alla civiltà del naturalismo, ma appartiene invece a quella del simbolismo. La drammaturgia italiana, rispetto alla grande drammatrugia europea, non ha la capacità di fondare una linea sviluppo. Gli scrittori come Achille Torelli, Marco Praga, Giuseppe Giacosa sono spesso autori di un solo testo o al massimo due. 11. Il teatro del Grande Attore tra fine 18oo e inizio 1900. Da lpunto di vista teatrale l'8oo è un periodo in cui si intrecciano fili diversi: la drammaturgia, gli attori e la nuova figura del regista. Le compagnie italiane sono basate su un organico di ruoli, al di sotto dei quali stanno i generici, utlizzati in parti drammaturgicamente appena abbozzate, cioè generiche. L'articolazione dei ruoli prevede invece: il primo attore, la prima attrice, il brillante, il caratterista, l'attor giovane, l'attrice giovane, la seconda donna, il promiscuo. Il primo attore e la prima attrice sono coloro che hanno diritto di scelta prioritaria sulle varie parti. Il primo attore deve essere fisichamente un bell'uomo, con una voce potente (Tommaso Salvini, il massimo interprete italiano del secondo `800). E anche alla prima attrice è richiesta figura maestosa (Adelaide Ristori, Eleonora Duse). Il brillante è sempre un ruolo maggiore che introduce una nota più leggera nei testi seri, e che diventa determinante nei testi comici. Nel primo `900 questa figura si trasforma, raffinandosi sempre di più e risolvendosi nella figura del raisonneur, spesso portavoce dell'autore. Il caratterista è legato ai personaggi di carattere della drammaturgia molièriana e goldoniana. Essenziale è un certo tipo fisico che sottolinea gli elementi caricaturali dei personaggi che incarna. Ci sono, tuttavia, varianti del caratterista: padre nobile, donna nobile, il tiranno. La seconda donna è la rivale della prima donna. Qui si tratta di un ruolo minore ma di grande importanza. Al centro dei nuovi intrecci ci sono pur sempre giovani innamorati, padri, eroi, tiranni ecc. Dal punto di vista economico la compagnia ottocentesca è generalmente di proprietà del campocomico (che coincide per lo più con il primo attore o con la prima attrice). È questa la cosiddetta compagnia capocomicale, in cui il capocomico assume funzioni di impresario. I contratti durano almeno un'anno. Il capocomico svolge naturalmente anche funzioni di coordinamento del lavoro di tutti gli attori. Non si tratta ancora di una regia ma una sorta di supervisione. Lui sceglie il repertorio, tratta con gli attori, distribuisce le parti e dirige le prove. Manca ovviamente l'idea di lunghi periodi di prova (all'epoca duravano 7-8 giorni). La compagnia dava molto raramente delle repliche, e quindi era costretta ad avere una produzione amplissima. A differenza di oggi, il singolo attore non aveva in mano l'intero copione, ma unicamente la propria parte ritagliata dal contesto generale. Ancora al capocomico spetta la cura della scenografia, fatta essenzialmente di carta dipinta. Soltanto ai primi del `900 si cominciò a usare la stoffa, e ancora più avanti si arriverà alla scena costruita in legno. Ogni compagnia ha una serie di scenografie generiche che permettono di recitare qualunque testo (stanza povera, salotto borghese, bosco, giardini...). Il direttore della scena s'impegnava nell'arredamento ed era spesso un'attore fallito. Il trovarobe viaggia con la 9 compagnia trasportando la roba dell'arredo scenico. In quanto riguarda i costumi, gli attori per contratto provvedono a proprie spese gli abiti relativi al proprio ruolo. L'illuminazione si riduceva alle luci in basso della ribalta e alla fila di lampadine in alto dette la bilancia. È un'illuminazione fissa che si limita solo a far vedere e non ha una funzione rappresentativa. Soltanto alla fine dell`800 compaiono i proiettori elettrici. Quello delle compagnie teatrali è u mondo stratificato. Ci sono delle compagnie primarie che percorrono le capitali , le secondarie che percorrono città meno importanti e quelle di terz'ordine che operano nei paesini. *La Rivoluzione francese ha liberato la condizione dell'attore dal peso dell'antica maledizione che lo vedeva come reietto sociale, perseguitato dalla Chiesa. 12. Il teatro del regista tra fine `800 e primo `900 I due fenomeni, teatro del grande attore e teatro del regista (vecchio e nuovo) occupano cronologicamente più o meno gli stessi anni, cioè i decenni tra fine Ottocento e primo Novecento. Il primo impulso alla regia viene dalla compagnia chiamata I Meininger, organizzata dal duca Giorgio II e il regista Ludwig Chronegk e attiva dal 1866. Il duca di Meiningen aveva una troupe di una settantina di persone, che venivano pagate da lui e che lavorava su un criterio innovatore della rotazione nelle parti principali. Gli attori di maggior valore non sempre recitavano da protagonisti, e quando erano liberi da impegni maggiori, erano obbligati a recitare come comparse, coordinando piccoli gruppi di comparse. I Meininger erano famosi e apprezzati proprio per le scene di massa. Ma il loro grande valore storico è nella imposizione della disciplina, nella fondazione del controllo sull'attore. Influenzato dalla lezione dei Meininger, André Antoine fonda nel 1888 il suo Théatre Libre. Antoine recupera il discorso zoliano sul décor che spiega e determina i personaggi. Gli attori devono essere collocati in uno spazio credibile, reale. Con la scenografia della prospettiva e del trompe-l'oeil l'attore che va indietro sul palcoscenico risulta una marionetta gigantesca accanto a edifici urbani minuscoli. Antoine costruisce la scena, non la dipinge. L'attore non recita più davanti alla scenografia, bensì dentro la scenografia. Così un'attore è ricondotto ai gesti naturali e sostituisce gli effetti tratti unicamente dalla voce con un lavoro di composizione. Dieci anni separano Antoine da Stanislavskij, il padre della regia moderna, che fonda nel 1897 con Nemirovic Dancenko (regista e insegnante di teatro) il Teatro d'Arte di Mosca. Anche loro rifiutano le gerarchie delle parti e usano anche attori dilettanti perché loro non sono condizionati dai tic del mestiere. La situazione in Russia era uguale come in Italia e in Francia, le scenografie dipinte su tela, nessuna preoccupazione di verità e di prosèpettiva, i costumi inaffidabili alla parte della storia. Stanislavskij assume le stesse scelte come il duca di Meiniger e Antoine. La possibiltà si non mostrare sempre il viso al pubblico, di recitare anche di spalle, la collocazione di alcune scene in un quadro di oscurità, lo studio delle ambientazioni degli spettacoli, l'uso di particolari arredi, dell'orchestrazione delle luci e dei suoni. Il nucleo centrale è costituito da queste invenzioni registiche. I primo periodo del Teatro d'Arte dà i suoi frutti migliori nella realizzazione di testi di carattere storico o di costume (Giulio Cesare, il mercante di Venezia di Shakespeare, lo Zar fedor di Tolstoj).
Stanislavskij arriverà presto a comprendere che la funzione profonda del regista è quella di aiutare l'attore a esprimersi. Il regista scopre la centralità assoluta dell'attore. Siamo di fronte a una rivoluzione che ribalta l'attenzione del regista dal testo all'attore. Da qui la messinscena nasce in accordo con l'attore, in collaborazione con lui. 10 *La contrapposizione di Stanislavskij e Mejerchol'd: il primo è fautore di un teatro della parola, il secondo di un teatro del gesto (del corpo); al primo il teatro del personaggio e della psicologia, al secondo il teatro delle azioni acrobatiche e delle abilità corporali (biomeccanica). Accanto al Teatro d'Arte Stanislavskij apre via via, a partire dal 1913, una serie di studi in cui esperimenta le sue riflessioni sull'arte attorica. È qui che si definisce ciò che si chiama il `Sistema' o `Metodo', un codice recitativo espresso sostanzialmente nei libri "Il lavoro dell'attore su sé stesso" e "Il lavoro dell'attore sul personaggio" (incompiuto). Stanislavskij è ossessionato dal problema che è come evitare che l'attore, replicando la proria parte non scada nel cliché? *Diderot nel suo "Paradosso sull'attore" scrive che secondo lui i grandi attori sono quelli insensibili, che lavorano con distacco e freddo senso critico. Stanislavskij resta convinto che la magia attorica, l'ispirazione autentica sorga solo se l'attore è intimamente commosso. Il `metodo' è l'insieme delle proposte, di tecniche di allenamento per mettere l'attore nella condizione di grazia, attraverso uno scavo interiore, attignedo al patrimonio del proprio vissuto, delle proprie emozioni. Reviviscenza è il processo attraverso cui l'attore rievoca e rivive un'esperienza. L'attore non può recitare un personaggio che non ha dentro di sé, che non sente. *Il `Sistema' negli Stati Uniti ha dato vita all'Actor's Studio, da cui sono usciti importanti attori, da Marlon Brando a James Dean, da Al Pacino a Robert De Niro. Negli anni '30 Stanislavskij rovescia completamente il `Sistema' e comincia a parlare di `metodo delle azioni fisiche'. Si tratta sempre dell'intreccio spirito/corpo, ma il regista si è reso conto che il percorso dal sentimento alla dimensione mimico-gestuale è arduo, e in ogni caso è sempre problematico fissare i sentimenti. Sembra più agevole fissare le azioni fisiche. Cambia così il modo di costruire il personaggio. Al principio delle prove non occorre nemmeno che gli attori sappiano a memoria la loro parte, basta che conoscano l'intreccio. Su questa base devono improvvisare una serie di azioni fisiche. Solo quando la successione delle azioni fisiche sarà fissata, verrà il tempo di sostituire le battute improvvisate con quelle del testo drammaturgico. È la dimensione fisicha che stimola quella spirituale, e non viceversa, come Stanislavskij pensava prima. Tuttavia il problema della regia resta un problema criticamente ancora aperto. Adolphe Appia e Gordon Craig qui danno un contributo teorico importante in quanto riguarda la rottura che si è manifestata al passaggio di secolo. La regia si definsce prima di tutto come un mestiere, come nuovo mestiere dell'industria dello spettacolo che si va affermando nel corso del primo `800, soprattutto a Parigi dove venivano pubblicati i `libretti di istruzione' per ri-montare e ri-allestire gli spettacoli. Il regista è un professionista che sa trovare gli attori giusti, sa a chi commisionare le scenografie e i costumi, e infine come coordinare gli attori sulla scena. La lunga storia della regia è la storia della trasformazione, il regista non è più un professionista, ma un artista. Mentre il professionista del fine `800 ha come obbietivo di fare un duplicato, l'artista del `900 ha come obbietivo di realizzare un prodotto originale. 12. Primo Novecento: le Avanguardie storiche e la centralità di Pirandello 11 L'inizio del `900 è segnato anche dalla Prima Guerra Mondiale (1914-1918). Molti intellettuali rimettono in discussione le certezze della cultura dominante e si impegnano in uno sperimentalismo dando vita a una serie di correnti che portano l'etichetta di Avanguardie Storiche. Il primo evento è rappresentato dal Manifesto del Futurismo (1909) da Marinetti. Un'altro manifesto importante è Il Teatro di Varietà, firmato ancora da Marinetti. Il Futurismo italiano (Ettore Petrolini) non lascia segno in campo teatrale, ma contribuisce a definire lo spettacolo moderno, con l'invenzione delle serate futuriste. Sulla stessa linea saranno anche le serate dadaiste. Il Dada è fondato a Zurigo dal poeta Tristan Tzara. André Breton firma il primo manifesto surrealista, e molti seguaci di Dada passano al Surrealismo. Il futurismo è forte anche in Russia (il drammaturgo Majakovskij). Artaud era di fede surrealista, autore del libro "Il teatro e il suo doppio" (1938). Lui insiste sulla globalità della realtà dello spettatore, corpo e spirito, sensi e intelligenza. Da qui l'esigenza di uno spettacolo non meno globale, capace di far parlare i gesti, gli oggetti, i suoni, lo spazio, insomma un teatro totale, suscettibile di agire sui nostri nervi e sulla nostra pelle. È ciò che lui stesso definisce `teatro di crudeltà'. Luigi Pirandello si posiziona come il massimo drammaturgo del Novecento. Nel 1921 scrive "Sei personaggi in cerca d'autore" con cui distrugge la tradizione europea del teatro del salotto borghese. Il pubblico trova il vero teatro, non c'è sipario e non c'è l'illusione teatrale. C'è il palcoscenico nudo, e degli attori che fanno gli attori, che stanno mettendo in prova uno spettacolo. Il dramma, infatti, lo hanno in loro stessi. La stessa cosa avviene in "Ciascuno a suo modo" (1924). In Pirandello la vita irrompe nel teatro per riconoscere la superiorità del teatro (la vita che imita l'arte). Mentre le Avanguardie Storiche mirano a spezzare l' involucro dell'arte per far emergere la potenza della realtà fattuale, Pirandello, al contrario, si tiene ancorato al valore dell'arte, alla sua autosufficienza. Le cose cambiano un pò quando nel 1925 (al 1928) inizia a dirigere una sua compagnia, il Teatro d'Arte di Roma, che mette in scena prevalentemente i suoi testi e propone un effetivo superamento della frattura palcoscenico/platea. Riscrive i Sei personaggi e adesso i sei personaggi entrano dalla platea e il capocomico si muove continuamente fra palcoscenico e platea. Dopo la trilogia del teatro nel teatro (l'ultimo è Questa sera si recita a soggetto, 1930) scrive una serie di drammi da salotto borghese. Pirandello lavorava con io maggiore attore del tempo, Ruggero Ruggeri, che è sempre ritratto di un uomo solo. Nelle sue opere troviamo continuamente due figure di donne estreme, da un lato la madre santa, radicata negli archetipi della terra siciliana, e dall'altro lato la baldracca, la femmina che lusinga la sensualità del maschio. Dopo il 1925 la sua musa Marta Abba rappresenta la l'unità di questi due poli. 14. Anni Trenta/Cinquanta: dal teatro politico al teatro dell'Assurdo Dall'avvento del cinema sonoro il teatro si rassegna a diventare un'arte di nicchia, che interessa cioè uno strato sociale limitato, di persone colte. Nella lotte di classe, nel 15ennio che segue la Rivoluzione Russa del 1917, il teatro si riscopre importante per la possibilità che ha di essere usato come un'arma politica. Nasce il teatro `agit-prop' (agitazione e propaganda) che interviene al di fuori degli spazi tradizionali (in piazze, cortili...) dove non è vigente il criterio del professionismo. È una vera e intensa politicizzazione della vita sociale e culturale. In Russia sorgono anche teatri per i bambini, orientati politicamente. Molti intellettuali russi vivono il sogno di essere contemporaneamente artisti e militanti rivoluzionari (Majakovskij, Mejechol'd). Secondo Mejerchol'd l'attore sovietico non è neutrale, non può essere apolitico. L'interprete deve riuscire a smascherare il personaggio, per impedire che lo spettatore si identifichi con il personaggio 12 negativo. Da qui parte il tedesco Bertolt Brecht. La linea Mejerchol'd-Brecht non è casuale, sia in Russia sia in Germania lo scontro di classe è durissimo e si trovano le stesse problematiche. Ed è in questi anni che nasce il teatro politico, chiamato anche teatro epico. Il primo tentativo di teatro politico si deve al regista tedesco Erwin Piscator. Brecht insiste sul fatto che il teatro epico debba combattere l'aspetto psicologico-emozionale della comunicazione teatrale. Secondo lui l'attore deve coservare un margine di distacco rispetto alla rappresentazione. È necessario che lo spettatore resti freddo, cogliendo così nell'accadimento teatrale l'occasione di una sua crescita intellettuale, di una sua cosapevolezza maggiormente critica. Brecht è consapevole che il teatro epico può sorgere solo nel quadro di una precisa battaglia politica. Così il suo teatro ha una grande diffusione, soprattutto in Europa, durante la Guerra Fredda. A partire dai primi anni '50 si evidenzia un movimento rappresentato da Ionesco e Beckett e chiamato Teatro dell'Assurdo che esprime il disagio di una civiltà occidentale che ha vissuto il trauma di eventi storicamente prima immaginabili (dalla Shoah alla bomba atomica). Si tratta di artisti che, evitando l'impegno politico della linea Piscator-Brecht, si soffermano piuttosto sui grandi temi esistenziali: la falsità dei rapporti sociali, la solitudine, l'incomunicabilità, la mancanza di valori, l'insensatezza del vivere (l'assurdo), il mistero della morte. La novità dei contenuti è sempre accompagnata da una ironica rimessa in discussione del linguaggio teatrale. Ionesco nel 1950 mette in scena "La cantatrice calva" che ha il sottotitolo di anti-commedia. Beckett nel 1953 mette in scena "Aspettando Godot". Nel giro di un 30ennio, fra gli anni `20/'30 di Piscator e Brecht e gli anni '50 di Beckett, si inersechino e si sovrappongono due visioni così diverse del teatro e del mondo. 15. Secondo Novecento italiano: l'avvento tardivo della regia e tardi epigoni del Grande Attore C'è un ritardo storico della scena italiana rispetto all'Europa. La regia comincia a diffondersi alla fine dell'800, in Italia solo a partire dal 1932, quando Silvio D'Amico crea il neologismo `regista'. Fino a quel momento in Italia si è preso in prestito dal francese `metteur en scène'. La regia si afferma lottando contro l'insubordinazione degli attori e in Italia trova una grande resistenza, ovviamente perchè l'Italia ha alle spalle tutta la tradizione della Commedia dell'Arte. Oltre tutto, la caratteristica dell'attore italiano è di tramandarsi di padre in figlio. In Italia non c'è una scuola di teatro, sono i genitori che funzionano da apprendistato. Pirandello, nonostante i studi della regia resta essenzialmente uno scrittore. Il vero innovatore della scena italiana è Silvio D'Amico (giornalista teatrale). Dal Fascismo ottiene l'aiuto di fondare nel 1935 l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica. D'Amico ha capito che l'italia potrà mettersi a passo con l'Europa solo rinunciando al teatro del Grande Attore e promuovendo il teatro di regia, ma ha capito anche che il regista, per affermarsi, ha bisogno di ritrovarsi fra le mani un attore disciplinato, educato. Un altro fondatore della nuova scena italiana è Luchino Visconti. Lui è il primo a eliminare il suggeritore, a imporre lunghe prove a tavolino (10-15 giorni) e una durata complessiva delle prove che per l'epoca risulta assolutamente scandalosa (40 giorni per Le tre sorelle di Cechov). Nel 1946 si costituisce la compagnia di Rina Morelli e Paolo Stoppa, diretta da Visconti, all'interno della quale crescono le leve che costruiranno nel 1954 la Compagnia dei Giovani (esalta un talento come Vittorio Gassman). La fondazione del teatro di regia in Italia nel secondo dopoguerra e caratterizzata dalla attenzione allo spessore sociologico dei testi che vengono messi in scena, dal realismo. Goldoni diventa una bandiera della grande regia italiana. Giorgio Strehler (fondatore del Piccolo Teatro di Milano, 1947), Mario Missiroli, Massimo Castri, mettono in scena la trilogia di Goldoni. Comunque, fra gli esiti più alti è Ronconi. 13 L'affermazione del teatro di regia è accompagnata dalla fondazione dei teatri pubblici (stabili) e il teatro si inserisce tra i servizi pubblici. Tuttavia, permangono alcune espressioni della tradizione del grande attore, a cominciare da Gassman, e poi Edoardo De Filippo, Daio Fo e Carmelo Bene. 16. Sciamani e poeti della scena Nel 1959 a New York si ha la presentazione del primo happening. Il termine significa `avvenimento' e indica un tipo di spettacolo che rifiuta tanto l'idea del palcoscenico quanto l'idea che tutti gli spettatori vedano la stessa cosa. Non esiste più un luogo deputato per la rappresentazione, qualunque spazio è adatto per lo happening (studi, soffitte, negozi, aule scolastiche...). Questa nuova forma rinuncia quasi totale all'elemento dialogico, a favore del visuale, del gestuale, del sonoro, o al massimo del materiale pre verbale (mormorii, risate), nonchè il tentativo di coinvolgere il pubblico. Lo spazio diventa una componente dello spettacolo, una sua articolazione. Ogni spettacolo avrà il suo spazio, sempre diverso, come sempre diverso è lo spettacolo. Nasce di qui una ricca e instancabile ricerca di nuovi spazi teatrali. Nello stesso anno, sempre a NY abbiamo il primo importante successo del glorioso Living Theatre con The Connection di Jack Gelber. Il Living è fondato nel 1947 a NY da Judith Malina (attrice, regista, allieva di Piscator) e da Julian Beck (attore e scenografo). Lo spettacolo successivo, The Brig (1964) è un riferimento al teatro della crudeltà di Artaud. L'ideologia anarco-pacifista del Living di esalta e si incroca con l'onda del '68. Il grande evento scandalo di Living è Paradise Now che rappresenta una rottura completa della barriera che oppone palcoscenico e platea, è la trasformazione dello spettacolo in un grandioso happening. Della stessa generazione è anche Peter Brook che opera con una troupe di attori di varia nazionalità e di differneti razze che parlano lingue diverse. Per lui resta però capitale il rapporto con il pubblico. Le edizioni dei classici teatrali lasciano via via più spazio a progetti costruiti sulla cetralità dell'attore sino al monumentale Mahabharata (1985). Il più solido interprete di questo rinnovamento scenico è però il regista polacco Jerzy Grotowski, fondatore nel 1959 del celebre Teatro Laboratorio (operante inizialmente a Opole e poi a Wroclav). Grotowski parte da una riflessione sulla progressiva perdita di identità del teatro, nel corso del `900, rispetto al cinema e televisione. Lui riconosce l'inferiorità tecnologica del teatro rispetto ai due nuovi mezzi potenti. Il teatro deve ammettere i suoi limiti, evitando scenografie, effetti luminosi e sonori, costumi, trucco ecc. Solo così, accettandosi come teatro povero, ritroverà la propria specificità. Rinunciando a tutto, il teatro si scopre ricco di qualcosa che manca al cinema e alla tv, la presenza viva, in carne e ossa, dell'attore. il teatro può esistere non solo senza apparato tecnologico, ma anche senza testo. Apparentemente la produzione grotowskiana implica quasi sempre dei testi, solo nel suo ultimo spettacolo, Apokalypsis cum figuris (1969), manca una scrittura drammaturgica. Tuttavia, in Grotowski il testo è essenzialmente una partitura, lo spettacolo è costruitomo partendo dall'attore, e non dal testo. Ciò che conta è l'incontro fra regista e attore e poi fra attore e lo spettatore. Il suo celebre libro s'intitola Per un teatro povero. Alla messinscena del Teatro Laboratorio gli spettatori, di regola, non sono mai più di una 50ina. La prospettiva antropologica dell'incontro mira alla concezione del teatro come esperienza di vita. Il capolavoro di Grotowski è senza dubbio Il principe costante, allestito per la prima volta nel 1965, adattamento di un testo di Calderon de la Barca. Grotowski inventa uno spazio rettangolare, circondato da alte pareti di legno. Gli spettatori sono al di là della staccionata, lungo i ¾ del recinto. Si trovano a seguire la scena dall'alto in basso. All'interno dell'area così disegnata sta 14 una piccola pedana di legno. Grotowski ha osservato che quando si vuole suscitare il processo di immedesimazione del pubblico, bisogna allontanare il pubblico, anziché avvicinarlo all'attore. Il più celebre degli attori grotowskiani è Ryszard Cieslak. In occasione del Principe costante Grotowski prova per mesi e mesi solo con lui, che soltanto in un secondo tempo comincia a lavorare con i compagni e a utilizzare il testo del copione. Per gli attori inventa il training, allenamento vocale e fisico che vale a garantire maggiore rapidità di riflessi nel controllo di movimenti e una perfetta gradazione di sfumature e timbri di voce. Il grande allievo di Grotowski è Eugenio Barba, emigrato in Scandinavia, dove lavora come operaio e marinaio, studiando all'Università di Oslo, da cui riceve una borsa per seguire per 2 anni (1962-1964) l'attività di Grotowski. Nel 1964 fonda a Oslo l'Odin Teatret, riunendo attori rifiutati dalle tradizionali accademie d'arte grammatica. Dal 1966 sposta la sede del suo teatro nella citta danese di Holstebro. Il primo grande successo del gruppo è Min Fars Hus, che debutta nel 1972. Gli attori creano delle improvvisazioni, durante il durissimo periodo di prove, a partire da spunti che essi stessi ritrovano, studiando la vita e le opere di Dostojevskij (questo è in sostanza il `metodo' di Barba che egli sviluppa da Grotowski). Ne viene fuori una ricca partitura di azioni che solo in un secondo tempo il regista corregge, modifica e soprattutto sottopone a montaggio. Lo spettacolo era un evento perché non c'era nemmeno il testo scritto dall'Odin (a eccezione di una sorta di dedica sibilata da un'attrice - A te Fjodor Dostojevskij!). Barba predispone uno spazio scenico rettangolare, con una sola linea di panche, sui quattro lati. Qua e là delle pertiche che sorreggono un filare di lampadine da fiera paesana. Uno spettacolo senza parole, fatto soltanto di una partitura musicale e di una partitura luminosa chiaroscurale. Dopo Min Fars Hus, Barba attivò la pratica dei baratti, cioè degli interventi dell'Odin in territori marginali (Salento, Barbagia, Perù...) che si posero come incontri di culture: l'Odin offre i suoi spettacoli, le sue improvvisazioni, le sue danze, i suoi giochi di strada, e la gente del luogo contraccambia con canzoni, danze, narrazioni ecc attinte dal patrimonio popolare locale, dalla propria storia. Su una linea diversa si situa il teatro del polacco Tadeusz Kantor, legato alle Avanguardie Storiche, soprattutto al Dadaismo e organizzatore inventivo di happenings. Il suo successo europeo arriva però solo tra gli anni '70, '80 con due spettacoli: La classe morta e WielopoleWielopole. Kantor trae da Kleist e di Craig la scelta di definire il proprio attore come `bio-oggetto', organismo unitario, sintesi del corpo dell'attore e di un suo prolungamento materiale, in cui tuttavia la realtà del oggetto vale a limitare l'attore, a privarlo della sua capacità emotiva, a impedirgli il processo di immedesimazione. Un'altro elemento che gioca in questa stessa prospettiva è l'intervento, anomalo, del regista sul palcoscenico. Kantor sta fra gli attori, ma non è attore, si muove con naturalezza e quasi mai si pone frontalmente al pubblico.
17. il corpo, l'immagine e il dito di Dio nel '900, l'addestramento diventa una dimensione costitutiva e permanente nel lavoro attorico. Nella valorizzazione novecentesca del corpo il teatro è stato preceduto dalla danza, a partire dalla grande Isadora Duncan, fondatrice della danza libera (libera dalle convenzioni del balletto accademico). In anni più vicini a noi abbiamo il `teatrodanza' (tanztheater), fatto conscere in Italia soprattutto dalla coreografa e danzatrice Pina Bausch. Negli Stati Uniti si sviluppa anche il teatro immagine che riprende la lezione di Duncan con la post modern dance. Robert Wilson lavora essenzialmente sulle dimensioni del tempo e dello spazio. In molte sue realizzazioni il tempo viene genialmente rallentato. I suoi spettacoli, definiti `quadri che si muovono lentamente', 15 durano moltissimo. Il rallento fa addormentare e questo è proprio l'effetto che lui vuole. Anche l'accompagnamento di una musica armonica a lenta modulazione (la cosiddetta trance music) ha un effetto ipnotico. Lo spettatore collabora e partecipa all'evento, come nella tradizione dello happening. Il regista recupera, però, paradossalmente, la nozione di teatro all'italiana. La scena è plasmata e costruita dagli straordinari effetti di luce.