LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
Gli alimenti lasciati all’aria e soprattutto a temperatura ambiente subiscono, presto o tardi,
modificazioni delle loro caratteristiche organolettiche: alterazioni del sapore, del colore,
dell’odore, e della consistenza.
Alimenti non adeguatamente protetti possono essere causa di disturbi e malattie, che
colpiscono più frequentemente l’apparato digerente.
Per evitare tali inconvenienti e mantenere gli alimenti per un periodo più lungo, è quindi
necessario conservarli in modo adeguato.
Si definisce CONSERVAZIONE l’insieme delle tecniche a cui vengono sottoposti gli alimenti
per preservarne il più a lungo possibile le caratteristiche originali, al fine di impedire i processi
di alterazione e garantire la sicurezza sotto il profilo igienico.
Occorre conoscere le cause di alterazione per poter essere in grado di applicare in modo
corretto le diverse tecniche di conservazione.
cause chimiche dell’alterazione
a) aria
Se si lascia una mela all’aria, dopo poco tempo imbrunisce; in alimenti ricchi di grassi, oltre
all’alterazione del colore, si verificano fenomeni di irrancidimento, con formazione di odori
sgradevoli.
Questi esempi permettono di affermare che l’aria, o meglio l’ossigeno in essa contenuto,
costituisce un fattore di alterazione dei cibi.
b) enzimi
Alcuni alimenti contengono sostanze naturali chiamate enzimi; nel momento in cui un animale
viene ucciso o una pianta viene recisa, gli enzimi innescano processi di demolizione delle
strutture cellulari, con conseguente modifica della consistenza, rammollimento, avvizzimento e
formazione di cattivi odori o sapori.
cause fisiche
c) luce e calore
Anche l’esposizione alla luce e al calore può dare origine a fenomeni di degradazione: questi
fattori sono indicati come.
cause microbiologiche
d) microrganismi
nell’ambiente in cui viviamo sono presenti microrganismi quali lieviti, muffe o batteri, che
sviluppandosi sugli alimenti ne provocano l’alterazione.
Alcuni di questi sono inoltre definiti PATOGENI, e possono originare malattie dette
TOSSINFEZIONI ALIMENTARI.
I METODI DI CONSERVAZIONE
Conservare significa conoscere le cause di alterazione degli alimenti e i fattori di crescita dei
microrganismi, per cercare di contrastarne gli effetti.
Tale operazione deve essere condotta sia a livello di produzione industriale e di
commercializzazione, sia a livello di consumatore finale.
1) Metodi basati sulla temperatura
Tra i fattori di crescita microbica la temperatura riveste particolare importanza, in quanto la
maggior parte dei microrganismi che possono svilupparsi sugli alimenti ha una temperatura
ottimale di crescita intorno dai 20 ai 40°C.
• FREDDO
I metodi di conservazione che applicano il freddo hanno la caratteristica di rallentare l’attività
dei microrganismi e degli enzimi.
Quanto più bassa è la temperatura, maggiore è la durata della conservazione.
L’efficacia dei sistemi di conservazione che impiegano le basse temperature dipende
dall’applicazione della catena del freddo, che consiste nel mantenere invariata la temperatura
in tutte le fasi di commercializzazione.
I sistemi di conservazione che utilizzano il freddo sono la refrigerazione, il congelamento e la
surgelazione.
a) refrigerazione: implica temperature variabili in funzione dell’alimento,
di norma comprese tra 0 e 7° C.
b) congelamento: l’alimento viene portato a una temperatura non superiore a - 15° C.
c) surgelazione: il centro dell’alimento viene portato a una temperatura non superiore a
- 18° C. nel più breve tempo possibile.
Gli alimenti surgelati possono essere commercializzati solo confezionati e sulla loro etichetta
viene indicato il termine minimo di conservazione in funzione della temperatura di
conservazione. (figura)
La congelazione e la surgelazione permettono di allungare notevolmente la durata degli
alimenti e sono simili solo in apparenza, infatti la rapidità con cui la temperatura viene
abbassata permette di evitare che i cristalli di ghiaccio interni alle cellule possano
danneggiarne la parete. Un effetto evidente del danneggiamento cellulare è la fuoriuscita di
liquido dall’alimento durante lo scongelamento. Questo fenomeno si presenta tipicamente solo
nei prodotti congelati, mentre in quelli surgelati può indicare una tecnica imperfetta o un
difetto di conservazione, così come anche la presenza di brina sulla confezione.
PERCHÉ NON BISOGNA MAI RICONGELARE UN ALIMENTO SCONGELATO?
Gli strati esterni di un prodotto estratto dal congelatore subiscono un rapido aumento della
temperatura, fino a giungere a livelli nei quali è possibile la crescita microbica. A questo si
aggiunga il fatto che, dopo aver subito uno sbalzo di temperatura, i batteri presenti presentano
una velocità di moltiplicazione quasi doppia del normale.
Modalità di conservazione:
NEL CONGELATORE:
**** OPPURE *** (-18° C): consumare preferibilmente entro la data riportata sulla confezione
** (-12° C): il prodotto non ha durata superiore al mese, anche se il TMC è maggiore.
* (- 6° C): consumare entro una settimana
NELLO SCOMPARTO DEL GHIACCIO: ( 0° C ) consumare entro 3 giorni.
NEL FRIGORIFERO: consumare entro 24 ore.
UNA VOLTA SCONGELATO IL PRODOTTO DEVE ESSERE CONSERVATO IN FRIGORIFERO NON
DEVE ESSERE RICONGELATO
• CALORE
Altri metodi di conservazione applicano il calore che, a differenza del freddo, può uccidere i
microrganismi e inattivare gli enzimi, essi sono la pastorizzazione e la sterilizzazione.
Pastorizzazione: le temperature impiegate, inferiori a quella di ebollizione, uccidono solo
alcuni microrganismi ma non hanno effetto sulle spore. Per questo motivo il prodotto
pastorizzato, se particolarmente deperibile (si prenda come per esempio il latte), deve essere
riposto in frigorifero e utilizzato entro un periodo non eccessivamente lungo, come indicato in
etichetta.
Sterilizzazione: applica invece temperature superiori all’ebollizione e determina l’eliminazione
totale di ogni forma vivente. Il prodotto sterilizzato si mantiene per un lungo periodo anche a
temperatura ambiente ma con questo sistema in qualche caso si può verificare una parziale
riduzione del valore nutritivo.
2) Metodi basati sull’eliminazione di acqua
L’acqua è un fattore di crescita per i microrganismi, di conseguenza esistono sistemi di
conservazione che si basano sulla sua eliminazione parziale o pressoché totale.
concentrazione: consiste nel ridurre l’umidità di un alimento impiegando temperature
non molto elevate e di preferenza sottovuoto (concentrato di pomodoro, latte concentrato
ecc.).
essiccamento: ha lo scopo di eliminare quasi completamente l’umidità di un prodotto;
può essere ottenuto per mezzo di un riscaldamento prolungato o della circolazione forzata di
aria calda.
liofilizzazione: si tratta di un metodo che consente di eliminare l’umidità di un
alimento senza tuttavia sottoporlo a riscaldamento; consiste in un rapido raffreddamento dei
prodotti, che vengono portati a temperature inferiori allo zero in un ambiente nel quale viene
fatto il vuoto. In queste condizioni avviene la sublimazione dell’acqua, ossia il passaggio diretto
da ghiaccio a vapore. I prodotti liofilizzati sono particolarmente igroscopici ovvero hanno una
forte tendenza a riassorbire acqua, pertanto devono essere conservati in contenitori
ermeticamente chiusi.
3) Metodi basati sull’eliminazione di aria
Per isolare i prodotti dall’aria è possibile ricorrere alla tecnica del
confezionamento sottovuoto oppure confezionamento in atmosfera protettiva:
Nel primo caso viene semplicemente eliminata l’aria dalla confezione, mentre nel secondo
caso avviene l’introduzione nella confezione di una appropriata miscela di gas inerti, di norma
azoto e anidride carbonica, che non interferiscono con le caratteristiche degli alimenti e
limitano fortemente lo sviluppo batterico.
Le miscele dei gas impiegati infatti tengono conto degli effetti possibili sugli alimenti con cui
vengono in contatto.
L’anidride carbonica è un gas avente la proprietà di disciogliersi nell’acqua, come è facile
verificare considerando le bibite analcoliche e le acque minerali gassate; un inconveniente che
potrebbe verificarsi, per esempio nel caso delle paste fresche, è la formazione di bollicine sulla
pasta durante la cottura, dovuta alla liberazione di gas. Questo non è un caso di alterazione,
ma semplicemente un fenomeno legato all’impiego elevato di anidride carbonica all’interno
della confezione. Ai fini dell’atmosfera protettiva ciò che conta è la sua capacità di formare
acido carbonico e aumentare l’acidità di un alimento (abbassandone il pH). Provoca così
ambienti acidi aventi proprietà fungicide e batteriostatiche.
L’azoto è un gas inerte, ossia incapace di interferire con gli alimenti, ed è poco solubile in
acqua. È indicato per tutti gli alimenti, specialmente per quelli contenenti sostanze aromatiche
e grassi, proprio perché permette di evitare ossidazioni e irrancidimenti.
Da un punto di vista tecnico quindi si tratta sia di un metodo di conservazione che di
confezionamento, per il quale sono richiesti materiali in grado di fornire un perfetto isolamento
e la capacità di saldare ermeticamente l’apertura.
Uno dei vantaggi di questo metodo, rispetto al sottovuoto, è la possibilità di evitare che i
prodotti si schiaccino o, nel caso per esempio degli affettati, che le singole fette aderiscano
indissolubilmente tra loro, causando disappunto al consumatore. Il successo di questo sistema
ha consentito, dopo un periodo nel quale era limitato a prodotti da forno, paste fresche e
salumi e insaccati, di estenderne l’autorizzazione all’impiego a tutti gli alimenti.
Anche il metodo più tradizionale di conservazione sott’olio si basa sul principio che, in assenza
di aria, si può evitare lo sviluppo di alcuni microrganismi e aumentare la durata degli alimenti.
4) Sostanze che contrastano lo sviluppo batterico
L’uso di sale (a secco o in salamoia), zucchero o alcol, determinano negli alimenti un effetto
simile alla sottrazione di acqua, e si traduce in una azione conservante. In effetti il sale e lo
zucchero si legano all’acqua presente rendendola inutilizzabile per i microrganismi.
Per conservare gli alimenti è inoltre possibile impiegare acidificanti, ovvero sostanze che,
come l’aceto, aumentano l’acidità di un alimento. Questo metodo è molto antico, determina un
blocco della crescita microbica e si applica a numerosi alimenti, soprattutto a quelli di origine
vegetale.
Un altro modo per aumentare l’acidità di un alimento è l’impiego della fermentazione lattica
o acetica, che consiste nel promuovere lo sviluppo di alcuni microrganismi utili (fermenti
lattici o acetici), i quali riescono a creare un ambiente acido tale da ostacolare lo sviluppo dei
microrganismi dannosi.
Nella moderna tecnologia vengono impiegati gli antimicrobici (per es. acido sorbico e i suoi
sali, difenile, anidride solforosa, metabisolfito di potassio ecc.).
Si ricorda che in etichetta devono sempre comparire gli additivi eventualmente utilizzati.
5) Affumicamento
Un effetto battericida si ottiene anche attraverso l’affumicamento, specialmente di carne e
pesce. I prodotti vengono esposti ai fumi che si sprigionano dalla combustione di legni
particolari. Nei fumi sono contenute sostanze aventi effetto batteriostatico, che impregnano gli
alimenti e conferiscono un aroma tipico, oltre a ostacolare i microrganismi indesiderati.
L’aroma di affumicato di un alimento può tuttavia derivare anche dall’aggiunta di un additivo
aromatizzante impiegato in forma liquida.
Normalmente sulle confezioni non sono indicate le tecniche di conservazione utilizzate, fanno
eccezione il latte, i surgelati, gli alimenti irradiati e quelli confezionati in atmosfera o protettiva.