Guido Guinizelli: Secondo la tradizione cortese, l’amore di Guinizelli ha il suo luogo nel “cor gentile”. La gentilezza di cui parla il
poeta è la nobiltà d’animo, l’elevatezza del pensiero, la disposizione del carattere verso la virtù, la sensibilità e la delicatezza, la capacità di provare sentimenti profondi.
Al cor gentil rempaira empre amore è la lirica di Guinizelli che è considerata il manifesto dello stil novo.
La donna accende l’amore nel cuore dell’uomo. La donna ha l’aspetto di un angelo e ha le capacità di migliorare il cuore dell’uomo e di disporlo alla virtù. Ma la donna anche se sembra un
angelo non può portare l’amante all’amore che viene da Dio.
In Guinizelli lo scontro tra amore erreno e fede in Dio non si risolve. Le lodi vanno rivolte e Dio e non alla donna.
Guido Cavalcanti: in Cavalcanti c’è l’idea di amore come passione, tormento, sentimento travolgente che la ragione non può conoscere né
controllare. L’impotenza (cioè il fatto che non ce la fa) della ragione provoca nel poeta paura e angoscia.
Anche in Cavalcanti la donna sembra un angelo ma non può elevare l’uomo a Dio.Di fronte alla donna il poeta è sconvolto dalla sua bellezza oppure è tormentato dall’amore che gli fa immaginare
la morte.
Dante nella Vita Nova: Nella prima parte della Vita Nova Dante riprende il concetto di “cor gentil” di Guinizelli e la visione dell’amore
come sofferenza di Cavalcanti.
Ma dopo che Beatrice non lo saluta (perché credeva che Dante si innamorasse di tante ragazze) e dopo il “gabbo” (quando Beatrice lo prende in giro perché Dante è svenuto davanti a lei) la
concezione dell’amore in Dante cambia. L’amore per Beatrice diventa spirituale, mistico: Beatrice è una creatura che è tra il poeta e Dio. Al centro della poesia non c’è più la sofferenza
dell’amante ma la celebrazioni delle doti spirituali dell’amata.
Lo scontro tra amore e fede si risolve ma si deve rinunciare all’amore terreno.