San Francesco d'Assisi


ImmagineCimabue, Ritratto di Francesco (Assisi)

Fondamentale nel fervore di rinnovamento religioso del Duecento è stata, in Italia, la figura di Francesco d'Assisi (1182-1226), uno dei santi più venerati della cristianità e fondatore dell'Ordine mendicante destinato a lasciare un'impronta duratura nella storia medievale della Chiesa. Nato nella città umbra di Assisi e figlio di un ricco mercante, dopo una gioventù spensierata partecipò a una battaglia contro Perugia, venendo fatto prigioniero e maturando una profonda crisi interiore; iniziò poi a vivere in povertà e a predicare l'ideale evangelico, cosa che spinse il padre a citarlo davanti al Tribunale episcopale di Assisi, occasione in cui Francesco si spogliò dei suoi abiti rinunciando per sempre all'eredità paterna. Negli anni seguenti raccolse intorno a sé un numero crescente di seguaci e iniziò a formulare la sua Regola monastica basata sulla predicazione e la povertà, ottenendo una prima approvazione da papa Innocenzo III nel 1210 (quella definitiva sarebbe arrivata con Onorio III nel 1223). Fu in varie parti d'Italia e più volte in Terrasanta, dove nel 1219 tentò senza successo di convertire il sultano al-Malik al Kāmil, quindi cercò di comporre i dissidi interni alla sua comunità dove erano affluiti personaggi assai eterogenei, mentre la Chiesa operava sapientemente per assorbire la carica innovativa del messaggio francescano all'interno della propria gerarchia, per neutralizzarne la portata rivoluzionaria. Gli ultimi anni furono di sofferenze fisiche (era malato e semi-cieco) e di devastanti esperienze mistiche, come le stimmate che apparvero sul suo corpo durante la preghiera sul monte della Verna, nel 1224; morì due anni dopo circondato dai suoi fratelli, cui affidò l'Ordine che aveva fondato chiedendo di essere sepolto nudo nella nuda terra, in segno di umiltà. La sua biografia si arricchì presto di elementi favolosi e leggendari, venendogli attribuiti miracoli e imprese eccezionali, mentre già nel XIV sec. fiorì una ricca "letteratura francescana" con gliActus beati Francisci et sociorum eius (in latino e contenenti episodi della vita del santo e dei suoi primi seguaci) e in seguito con i Fioretti di S. Francesco (raccolta di aneddoti in volgare, anch'essa risalente ai primi del Trecento).
Il messaggio di Francesco non si espresse solo attraverso la predicazione, ma anche con vari testi letterari tra cui due Regole e vari scritti dottrinali in latino, mentre in volgare umbro è il famosissimo Cantico delle creature che costituisce probabilmente il primo esempio di opera letteraria in un volgare italiano: scritto nel 1224-26, è un primo esempio di "lauda" in cui il santo loda Dio attraverso tutti gli elementi del creato, con uno spirito di gloriosa contemplazione dell'opera del Creatore e un atteggiamento di serena accettazione della volontà divina che è parte di tutto il messaggio evangelico del suo autore (► TESTO: Cantico delle creature). L'ultima parte contiene un riferimento alla malattie e alla "morte corporale" che sembra stonare con il resto del componimento, cosa che ha fatto supporre ad alcuni critici che gli ultimi versi siano stati aggiunti in seguito nell'imminenza della morte di Francesco, quando il suo fisico era minato dalla malattia (per ulteriori approfondimenti si veda il commento al testo). 
La figura di S. Francesco è tuttora centrale nella spiritualità religiosa del Cristianesimo e ha suscitato un vivace dibattito critico già pochi anni dopo la sua morte, poiché l'Ordine da lui fondato fu presto scosso da polemiche interne e si divise tra gli "spirituali", propensi a un irrigidimento della sua Regola, e i "conventuali", inclini invece a una visione di essa più morbida; Dante nel Paradiso lo celebra insieme a S. Domenico presentando entrambi come i "campioni" incaricati di difendere la Chiesa, mentre S. Tommaso d'Aquino nel Canto XI ne fa il panegirico descrivendolo soprattutto come alter Christus ed esempio di povertà, trascurando i particolari più leggendari della sua biografia (► TESTO: La vita di S. Francesco). In tempi più recenti il santo è stato oggetto di varie rivisitazioni cinematografiche, che l'hanno presentato talvolta come umile predicatore e "giullare di Dio", in altri casi come riformatore rivoluzionario capace di dare voce ai poveri, confermando senza dubbio la complessità di una figura solo apparentemente di facile lettura (► CINEMA: Francesco).

Il Cantico delle creature

TESTO
  1. Altissimu, onnipotente, bon Signore,
  2. tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
  3. Ad te solo, Altissimo, se konfano,
  4. et nullu homo ène dignu te mentovare.
  5. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
  6. spetialmente messor lo frate sole,
  7. lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
  8. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
  9. de te, Altissimo, porta significatione.
  10. Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle:
  11. in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
  12. Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
  13. et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
  14. per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
  15. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
  16. la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
  17. Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
  18. per lo quale ennallumini la nocte:
  19. ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
  20. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
  21. la quale ne sustenta et governa,
  22. et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
  23. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
  24. et sostengo infirmitate et tribulatione.
  25. Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
  26. ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
  27. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
  28. da la quale nullu homo vivente  skappare:
  29. guai a·cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
  30. beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
  31. ka la morte secunda no ‘l farrà male.
  32. Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
  33. serviateli cum grande humilitate.
PARAFRASI

A te Signore che sei altissimo, onnipotente, buono, appartengono (tue so’) tutte le lodi, le glorificazioni, gli onori e ogni benedizione.
A te solo, altissimo si addicono (se konfano) e nessun uomo è degno di menzionare il tuo nome  (nullu homo ène dignu te mentovare).
Sii tu lodato (Laudato sie - anafora, l'espressione viene ripetuta più volte), mio Signore, così come (cum) tutte le tue creature, specialmente messer (messor, signore) sole, nostro fratello (frate), il quale (lo qual) è la luce del giorno (è iorno), e tu ci illumini grazie a lui (et allumini noi per lui).
E’ bello e fonte di raggi di luce (radiante – assonanza radiante/grande) di grande splendore, è simbolo (porta significazione,  reca il tuo simbolo) di te, o Altissimo.
Sii tu lodato, mio Signore per aver creato (per - anche ai vv.12-13-15-17-20-23-27) sorella (sora) luna e le stelle: in cielo le hai create luminose (formate clarite – dal latino clarus), preziose e belle.
Sii tu lodato, mio Signore, per aver creato fratello vento e l’aria, il tempo nuvoloso, il sereno ed ogni variazione atmosferica (aere et nubilo et sereno et onne tempo) per mezzo delle quali (per lo quale) rendi possibile la vita (dài sustentamento) di tutte le tue creature.
Sii tu lodato, mio Signore, per aver creato sorella acqua, che è molto utile, umile e pura (casta = pulita, limpida).
Sii tu lodato, mio Signore, per aver creato fratello fuoco, per mezzo del quale (per lo quale) ci illumini (ennallumini = illumini a noi) la notte: ed è bello, gioioso (iocundo), robusto (robustoso) e forte.
Sii tu lodato, mio Signore, per aver creato nostra madre terra, che ci sostenta e ci accudisce (ne sustenta et governa) e produce diversi frutti con fiori variopinti ed erba.
Sii tu lodato, mio Signore, per aver creato uomini che perdonano in nome del tuo amore (per lo tuo amore) e altri che sopportano malattie e sofferenze (sostengo infirmitate et tribulatione).
Beati quelli che le sopporteranno serenamente (ke ‘l sosterrano in pace) poiché (ka) da te Altissimo saranno incoronati (sirano incoronati - intende che saranno incoronati con la corona dei santi del Paradiso).
Sii tu lodato, mio Signore, per aver creato la morte fisica (morte corporale – la morte del corpo contrapposta alla morte dello spirito) a cui nessun essere vivente può sottrarsi ( skappare): guai a coloro che moriranno (morrano) nel peccato mortale; beati quelli che (la morte) troverà in grazia di Dio (ne le tue sanctissime voluntati), poiché ad essi la seconda morte (quella dell’anima) non gli farà alcun male (ka la morte secunda no ‘l farrà male - nel senso che non li riguarderà perché vivranno in eterno, mentre la morte dell’anima toccherà solo gli uomini malvagi che verranno condannati all’inferno).
Lodate e benedicete il mio Signore e ringraziatelo e servitelo (serviateli) con grande umiltà (humilitate).


Analisi e commento:

Il Cantico delle Creature è conosciuto anche come Il cantico di Frate sole e Sorella Luna ed è la più famosa poesia religiosa della letteratura italiana. E’ stata composta nel 1224 da Francesco d’Assisi.
Il Cantico è una preghiera, un inno di ringraziamento e di lode a Dio per la sua opera di creazione del mondo, sia per la bellezza e l’utilità di tutte le creatura ma anche per le sofferenze, le malattie e la morte.
E’ stato scritto in volgare, ovvero nella lingua popolare dell’epoca, e non in latino, perché il messaggio e l’invito dell’autore a lodare e ringraziare Dio, potesse essere rivolto a tutti gli uomini, di tutti i ceti sociali e non solo ai più istruiti.
Infatti nell’uso dei termini spesso si individuano caratteristiche tipiche del dialetto umbro, come le finali in u (es.altissimunulludignu, ecc.), anche se sono stati evitati i caratteri più spiccatamente dialettali.
L’argomento fondamentale si basa sul fulcro della dottrina francescana: l’accettazione umile e serena di tutto ciò che proviene da Dio, di tutte le sue manifestazioni, anche se dolorose, ed il legame fraterno che unisce tutte le creature, animate e non.
Nella struttura si può individuare la parte compresa tra i vv.1-22 che viene dedicata alla serena contemplazione della natura, in contrasto con i versi successivi incentrati sulla visione dell’umanità tormentata da odi e malattie, dal peccato e dalla morte. 
In particolare:

  • Le prime strofe celebrano la grandezza e la potenza di Dio e lo lodano per aver creato aspetti piccoli e grandi della natura;
  • Dal verso 23 San Francesco passa a lodare Dio per aver creato l’uomo. Il tono da contemplativo diventa più drammatico.
  • Al verso 23 inizia la strofa detta del perdono (che si crede sia stata scritta in un secondo tempo) in cui il tono della poesia diventa più mistico e spirituale in relazione all’argomento affrontato: il perdono e l’accettazione serena della sofferenza.
  • La strofa conclusiva (vv.27-32) affronta l’argomento della morte, la cui visione viene subito rasserenata con l’immagine della beatitudine di coloro che, essendo in grazia di Dio, non verranno toccati dalla seconda morte, quella dell’anima.
  • Gli ultimi 2 versi sono rivolti non più a Dio ma ai fedeli che vengono esortati a lodare e servire Dio.

 

Metrica:

prosa ritmica, che ricorda i modi delle litanie, con versi di varie lunghezza, definiti in base alle rime e, più spesso, alle assonanze libere. Stilisticamente si ispira ai salmi biblici.
E’ uno dei primi testi scritti in volgare italiano (volgare umbro del XIII secolo). Le espressioni umbre sono inframmezzate da grafie latineggianti, come per es.:

  • L’h iniziale di alcuni termini (es.: honorehomo);
  • Et come congiunzione
  • I nessi cti ti (da leggersi zi) di alcune parole (es.: benedictione; pretiose).