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MARIO RIGONI STERNE (Asiago 1921 – Asiago 2008)
Mario Rigoni Stern ha scritto pagine indimenticabili sulle sue montagne che amava e conosceva profondamente e ha raccontato in uno dei romanzi più letti del secolo scorso, la tragica ritirata degli italiani in Russia.
Primo Levi lo definì "uno dei più grandi scrittori italiani"
otto Rigoni Stern nato ad Asiago, un piccolo paese dell’Altipiano in provincia di Vicenza, il 1 novembre 1921. La sua è una famiglia numerosa (terzo di sette fratelli e una sorella).
La vita giovanile è fatta di scuola (sino alla terza avviamento al lavoro), di letture, ma anche di giochi tra quei boschi e prati che avranno tanta parte nei suoi racconti.
La famiglia Rigoni soprannominata "Stern" commerciava con la pianura in prodotti delle malghe alpine, pezze di lino lana e manufatti in legno tipici della comunità dell'Altipiano, quella stessa comunità della montagna veneta che si ritrova così di frequente nelle opere dello scrittore.
Lavora nella bottega di famiglia fino al 1938 quando, a diciassette anni, si iscrive volontariamente alla Scuola Centrale Militare di Alpinismo di Aosta.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, viene mandato presso diversi fronti e ottiene la promozione a sergente.
Da militare combatte ai confini della Francia, in Albania, Grecia e Russia (descritta appunto in “Il sergente nella neve”).
In questo frangente Rigoni Stern ha modo di sperimentare le più dure esperienze umane, da quelle della ritirata e dell'abbandono dei compagni stremati nella neve a quello della deportazione nei lager quando incappa in una pattuglia tedesca.
Infatti dopo l’armistizio italiano, nel 1943 viene catturato dai tedeschi (prima suoi alleati) e deportato in un campo di concentramento come IMI (Internati Militari Italiani) a Hohenstein in Prussia orientale
Dopo due anni di prigionia, nel 1945, liberato dai soldati russi, attraversando le Alpi a piedi, rientrò ad Asiago da dove non si trasferirà più e dove ha vissuto fino alla morte nella casa da lui stesso costruita.
Viene assunto presso l'Ufficio comunale, nel 1946 si sposa e avrà tre figli.
Manterrà il suo lavoro in Comune fino al 1970 quando lo lascerà per ragioni di salute (problemi cardiaci).
Inizia a questo punto la seconda fase della sua vita: quella di scrittore.
Esordisce come scrittore nel 1953, con il libro autobiografico Il sergente nella neve, che è una rielaborazione di appunti presi durante la sua esperienza militare. E' una storia di uomini mandati allo sbaraglio con armi e vestiti inadeguati e cibo scarso, un lacerante inno contro la guerra ancora più forte perchè scritto da un ex soldato.
In questa opera racconta la sua esperienza di sergente degli Alpini nella disastrosa ritirata di Russia durante la seconda guerra mondiale. Il testo è ricco di ricordi, immagini, storie che presentano analogie di situazioni, temi e umanità con i libri scritti da altri scrittori, tra cui Primo Levi, tutti aventi come soggetto gli anni di guerra e le storie degli uomini che vissero quel periodo.
"Il sergente nella neve", è stato anche un grande successo televisivo
Con quest'opera egli si colloca all'interno della corrente narrativa neorealista.
Nove anni dopo esce sempre presso Einaudi “Il bosco degli urogalli”, un volume nel quale l’autore raccoglie i racconti che dal 1958 è venuto pubblicando su periodici.
A scandire gli anni successivi sono però ancora soprattutto pubblicazioni belliche (“Quota Albania”). Decide poi di tornare in Russia sui luoghi del suo primo racconto (e pubblicherà “Ritorno sul Don”).
Ripeterà questa visita nel 1975, su invito dell’agenzia di stampa sovietica Novosti.
A questo punto interviene una svolta anche narrativa: incomincia a scrivere "piccole storie" di uomini come “Storia di Tönle”, “Lavori di montagna”, “Uomini, boschi e api”, “L’anno della vittoria” (1985), “Amore di confine” (1986), “Il libro degli animali” (1990), “Arboreto salvatico” (1991); , “Le stagioni di Giacomo” (1995) e “Sentieri sotto la neve” (1998).
Oltre alla guerra, l’altro grande tema della narrativa dell’autore è sempre di natura autobiografica: si tratta delle storie e degli uomini dell’altopiano di Asiago, ovvero la terra natale a cui Rigoni Stern rimane sempre intimamente legato.
Premi e riconoscimenti
Con le sue opere gli sono stati riconosciuti numerosi premi letterari nazionali.
Per la sua sensibilità verso il mondo della natura e della montagna l'11 maggio 1998 l'Università di Padova gli ha conferito la laurea honoris causa in scienze forestali e ambientali.
Associazioni ambientaliste e della montagna nel 2003 lo candidano senatore a vita, ma lo scrittore vicentino dalla sua residenza di Asiago fa sapere:
« Non abbandonerò mai il mio paese, le mie montagne per uno scranno in Parlamento. Non è il mio posto[7]. »
Il 14 marzo 2007 l'Università degli studi di Genova gli ha conferito la laurea honoris causa in scienze politiche.
Nel 2008 pubblica Le vite dell’Altipiano, ultima raccolta di racconti di uomini boschi e animali.
Nel novembre del 2007 gli viene diagnosticato un tumore al cervello; prima di morire si fa accompagnare dai figli sui luoghi a lui più cari dell'Altopiano: Durante la malattia chiede di non essere ricoverato in ospedale ed è assecondato, muore il 16 giugno 2008 . Per sua stessa volontà la notizia della morte verrà data solo a funerali celebrati.
Bibliografia:
Il sergente nella neve. Ricordi della ritirata di Russia (1953)
Il bosco degli urogalli (1962)
Quota Albania (1971)
Ritorno sul Don (1973)
Storia di Tonle (1978, Premio Campiello)
Uomini, boschi e api (1980)
L'anno della vittoria (1985)
Amore di confine (1986)
Il libro degli animali (1990)
Arboreto di confine (1986)
Il libro degli animali (19990)
Arboreto selvatico (1991)
Le stagioni di Giacomo (1995)
Sentieri sotto la neve (1998)
Inverni lontani (1999)
Tra due guerre (2000)
L'ultima partita a carte (2002)
Aspettando l'alba e altri racconti (2004)
I racconti di guerra (2006)
Stagioni (2006)
IL SERGENTE NELLA NEVE
L’AUTORE: Mario Rigoni Stern
Pubblicato per la prima volta nel 1953 - casa editrice Einaudi
Il sergente nella neve (che inizialmente portava anche il sottotitolo Ricordi della ritirata di Russia 1) è il racconto autobiografico 2 del lungo cammino affrontato dai soldati italiani nell’inverno 1942-1943 per rientrare dalla disastrosa campagna di Russia 3. Scritto in un lager tedesco, dove Mario Rigoni Stern fu rinchiuso dopo l'8 settembre 1943, dopo il rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò.
Il sergente nella neve, comunemente incluso nel quadro della narrativa del Neorealismo, rappresenta la più lucida testimonianza di uno degli episodi che maggiormente hanno segnato la memoria italiana nella Seconda guerra mondiale.
Periodo
storico
Il periodo storico é quello delle tragiche giornate della ritirata di
Russia tra la fine del 1942e l’inizio del 1943. Ormai la guerra si avviava alla conclusione e per le truppe italiane e tedesche la situazione era tutt’altro che favorevole; infatti l’armata russa
stava avanzando per riconquistare i territori perduti e gli alpini che li difendevano, ormai sbandati e senza più ordini precisi non potevano fare altro che resistere in attesa di nuove
direttive. Quando ormai gli ordini arrivano le truppe italiane versavano in cattive condizioni, tutti erano stanchi della guerra e del freddo e volevano fare ritorno a casa. E l’ordine era
infatti quello di ritirarsi dato che ormai erano attaccati da tutti i fronti: da Nord, Sud ed Est già da tempo, ed ora alcune truppe russe cercavano di attaccarli anche da Ovest. Così i soldati
lentamente si ritirarono, ma pochi riuscirono a tornare a casa, decimati dai nemici e dal clima.
Ambiente
L’ambiente che ha maggior importanza nel libro sono le distese innevate russe, luogo in cui gli alpini si ritrovano per la maggior parte del tempo. Questo é un luogo triste per
due ragioni: per le sofferenze provate nella ritirata per il gelo e la fatica e per i soldati morti che sono rimasti lì.
Un altro luogo importante sono i villaggi russi con le isbe, visti dai soldati come un luogo di riposo e di momentanea fine delle
loro fatiche, dove possono dormire e rifocillarsi. Questi ambienti sono dunque in contrasto con l’ambiente circostante.
Le case dei soldati sono ambienti che vengono solamente menzionati nel libro, quando gli alpini raccontano di ciò che hanno
lasciato in Italia. Le case quindi da luoghi materiali diventano un traguardo, un premio ed un sogno per tutti i soldati in quanto sono luoghi in cui poter vivere in pace dopo un così lungo
periodo di guerra.
L’ultimo ambiente sono le trincee, luogo nel quale i soldati combattevano
per mantenere il caposaldo e dalle quali hanno inferto e subito molte vittime.
Trama
Il racconto inizialmente è ambientanto in
un caposaldo sul fiume Don. L’inverno è così gelido tanto da costringere i soldati a controllare spesso le loro armi per evitare che il freddo le renda inutilizzabili. La situazione sembra
procedere in modo semplice finchè il tenente si ammala e le munizioni per le armi iniziano a scarseggiare. Queste condizioni facilitano i tedeschi nell’assalto al caposaldo di
Rigoni.
Quando la situazione inizia a precipitare, i superiori di Rigoni ordinano la ritirata: i battaglioni sono divisi in gruppi, a turno dovranno lasciare il caposaldo e coprire le
spalle al gruppo. Rigoni ricopre il ruolo di sergente maggiore e deve comandare la squadra; il suo gruppo è l’ultimo a lasciare il caposaldo.
Il freddo e la neve causano la morte di molti soldati durante la ritirata, tanti altri vengono uccisi scontrandosi con i militari russi. La squadra di Rigoni riesce a
raggiungere una casetta e a riposare per qualche ora prima di riprendere la ritirata.
La ritirata dei soldati di Rigoni continua passando per l’Ucraina, dove
avviene lo scontro con l’esercito russo in seguito al quale molte compagnie vengono distrutte. Anche in questa battaglia Mario Rigoni e la sua squadra riescono a salvarsi e dopo lunghe marce, si
fermano in un caposaldo tedesco dove i soldati insieme al sergente, sostano per due giorni.
Facendo il punto alla fine dell’inverno, Rigoni conta molte vittime ma
deve obbedire ai suoi superiori che ordinano alla sua squadra di conquistare un caposaldo russo. La battaglia contro i russi è cruenta, molti militari vengono uccisi nello scontro e Rigoni viene
ferito ad una mano. Fortunatamente tutto l’esercito italiano riesce a vincere la battaglia e dopo aver conquistato il caposaldo, i russi contrattaccano. Gli italiani non resistono all’attacco
russo e battono la ritirata.
Torna l’inverno e la compagnia di Rigoni si scioglie a causa della tormenta. Anche il sergente insieme a due dei suoi soldati si perdono e si
ritrovano in un villaggio, qui trovano rifugio presso la casa di un anziano e della sua famiglia. Uno dei soldati di Rigoni scopre che il vecchio era suo padre che, dopo la Prima Guerra Mondiale,
stanco di tutto, sulla strada del ritorno decise di costruirsi una nuova famiglia in Russia. Dopo un po’ di riposo il vecchio conduce i tre soldati lontani dall’esercito russo. Da lì Rigoni
s’incammina per ritrovare il suo esercito in ritirata. Durante la camminata, il sergente attraversa un villaggio dove incontra dei soldati tedeschi in compagnia di alcune ragazze
russe.
Il consiglio di un soldato russo, porta Rigoni a rifugiarsi nella casa di un’anziana donna che lo accoglie, lo fa dormire e lo sfama. La donna rivela a Rigoni che, nella casa
dove i tedeschi stavano ballando, più tardi sarebbero arrivati i partigiani.
Dopo una notte di riposo, Rigoni riprende la camminata alla ricerca dei suoi soldati. Nel tragitto
il sergente ricorda la guerra vissuta e il suo amico Bepi. Entrambi a capo di due squadre, in un momento di fame, riuscirono a rubare viveri e alcool ai magazzini tedeschi. Una volta scoperti
vennero portati in un campo di concentramento tedesco dove rimasero fino alla fine della guerra e l’arrivo degli Alleati.
30 anni dopo la fine della guerra, Rigoni riesce a racimolare una somma in denaro per poter fare un viaggio in Russia e rivivere i luoghi in cui ha combattuto, dando così il
suo ultimo saluto a tutti i compagni morti in guerra.
Personaggi
Mario Rigoni Stern: il protagonista. Il sergente maggiore del 55° battaglione, il Vestone. Un uomo del quale non si conosce nulla di come è fatto
fisicamente, tranne che aveva barba e baffi. Durante questa guerra aveva 21 anni, quasi 22. Una persona molto coraggiosa, a differenza di quasi tutti gli altri soldati che combattono.
Infatti, numerose volte si è buttato tra i proiettili e i colpi di mortaio pur di eseguire gli ordini, oppure ha sparato e lanciato granate ai nemici che gli capitavano davanti. Sapeva comandare,
aveva fiducia nei propri uomini e essi avevano fiducia in lui. A sua detta, lui in realtà stava fermo ed era il suo corpo che si muoveva da solo per abitudine, nonostante la fatica, le ferite e
la tristezza. Una persona clemente e che sa ascoltare i propri uomini ed amici, benvoluto da tutti, ufficiali compresi. Per rinfrancare i suoi uomini e sé stesso, parlava del vino che avrebbero
bevuto e dei letti in cui avrebbero dormito. Delle sue origini non si sa molto, veniva da un paese del nord e aveva una fidanzata che lo aspettava a casa.
Antonelli: un personaggio principale. Un soldato del battaglione del
protagonista. Non si sa niente sull’età di Antonelli. Uno tra i pochi che alla fine della storia è sopravvissuto. È sempre stato vicino a Rigoni, bestemmiando per ogni minima cosa che andava
storta, ma secondo il protagonista era proprio questo bestemmiare che lo faceva andare avanti e lo rendeva forte davanti ai pericoli. Solo nella battaglia al villaggio del 26 gennaio i due si
dividono, per poi rincontrarsi sani e salvi al caposaldo tedesco. Antonelli era tra i migliori amici di Rigoni, si sono sempre aiutati a vicenda nelle battaglie, nel camminare, nella
tristezza.
Giuanin: un personaggio principale. Un soldato del battaglione del protagonista. Non si sa nulla sull’età di Giuanin, ma doveva essere molto giovane. Un soldato che aveva una stima
immensa per il suo sergente maggiore e lo considerava un saggio che sapeva tutto su come sarebbe andata a finire la guerra, su chi sarebbe morto, chi invece no e addirittura se si fosse
sposato. Gli faceva domande del genere ogni volta che si trovavano soli o lo portava in disparte e gli chiedeva sempre “Ghe riverem a baita?” (torneremo a casa?). Rigoni gli rispondeva
sempre di sì e per Giuanin si sarebbe avverato sul serio. Ascoltava sempre gli ordini o qualsiasi altra cosa che gli diceva il sergente maggiore e la eseguiva. Le poche volte in cui Giuanin non
domandava se sarebbero arrivati a casa a Rigoni, esso si preoccupava perché era una cosa strana. Il 26 gennaio 1943 Giuanin muore per portare le munizioni a Rigoni. Una perdita molto triste
sommata a tutte le altre per il protagonista quel giorno.
Ambiente
Il romanzo si svolge in una zona della Russia vicino al fiume Don, nella steppa. Il periodo va dall’inizio di Gennaio 1943 fino agli inizi di Febbraio. A Fine libro viene però
èaccennato l’inizio della primavera, ma è una parte di circa una pagina del racconto ed è irrilevante. Il paesaggio è ovviamente coperto di neve durante tutta l’avventura con case e accampamenti
dappertutto. Alcune zone hanno una fitta vegetazione, altre sono rocciose. Il cielo è sempre bianco o grigio e raramente si vede il sole. Non viene detto altro riguardo il
paesaggio.
Tematiche
- Tema della guerra: é il tema portante del libro, e viene vista sotto tutti i suoi aspetti, ma
quello che risalta di più é che la guerra, come dice lo stesso Rigoni Stern, rende meno che umani in quanto sia porta a vivere in condizioni disperate (il resoconto della ritirata descrive scene
veramente penose) sia perché porta gli uomini ad odiare ed uccidere i propri simili. Alla fine del libro lo scrittore vede la bestialità della guerra anche nel proprio aspetto, quando si rasa e
vede il suo volto abbruttito.
- Tema della morte: é strettamente legato al tema della guerra, che priva gli uomini
della vita e di persone care ed amici. Questo tema si vede soprattutto nella seconda parte del libro, quando i soldati russi decimano le truppe degli alpini a
Nikolajewka.
- Tema della paura, dell’incertezza sul futuro: é ben espresso dalla frase dell’alpino Giuanin
(ghe rivarem a baita?). Ogni soldato pensava al futuro e a quello che lo aspettava al suo ritorno a casa, ma nessuno sapeva cosa sarebbe successo veramente ed infatti solo pochi riuscirono a fare
ritorno in Italia.
- Tema della amiciza, della solidarietà tra esseri umani: si vede chiaramente nella situazione
alla fine del libro, quando Rigoni entra con il fucile in mano in un’isba nella quale c’erano dei soldati nemici, che però non lo attaccano, ma bensì lo rifocillano e lo fanno riposare. E’ segno
che anche in guerra gli uomini non perdono del tutto la loro umanità ma conservano ancora dei valori.
- tema del Il coraggio e della speranza, che, ogni tanto, capita di avere in guerra: si riesce a trovare il motivo di combattere per qualcosa, il più delle volte è il voler tornare a casa.
-
tema della nostalgia di casa: voler tornare a casa dalla propria moglie, dai propri figli
Chiavi di lettura
La prima é quella letteraria-storica, cioè la narrazione in sé più le annotazioni storiche, che però
sono molto poche. La vicenda della ritirata degli alpini é però molto interessante, realistica e ben raccontata da Rigoni Stern, che ha riportato molto scorrevolmente i suoi
ricordi.
La seconda chiave di lettura é quella umana. Lo scrittore ha saputo
inserire nella narrazione eventi che fanno riflettere sul comportamento degli uomini e sulla guerra.
In particolare Rigoni Stern contrappone il suo mondo, quello dei soldati che dovevano combattere per sopravvivere, a quello della gente comune che partecipava meno attivamente alla guerra, ma che proprio per questo sembra avere un comportamento più umano. Infatti i soldati, ormai abituati a veder morire la gente, erano diventati più freddi e calcolatori, mentre la gente comune offriva ospitalità ai soldati di entrambe le parti perché ritenevano che ognuno, di qualunque schieramento fosse, meritasse di essere aiutato in quanto uomo.
Tecniche narrative
Il libro non è altro che un diario di guerra,
“condotto senza la minima retorica o enfasi”, è quindi una raccolta delle memorie dell’autore su ciò che ha vissuto in prima persona. Il libro riporta quindi i fatti in modo allo stesso tempo
oggettivo e soggettivo; oggettivo perché i fatti raccontati sono realmente accaduti, soggettivo perché all’interno della narrazione lo scrittore aggiunge elementi e ricordi personali, che però
non stravolgono i fatti. Lo scrittore cioè utilizza abilmente i suoi ricordi per farci capire le sensazioni che lui stesso ha provato. Questo libro quindi è un tipico testo di memorialistica di
guerra.
Questo romanzo è stato scritto usando tecniche narrative diverse. Vi sono molte ellissi narrative, ma
altre parti sono descritte in ogni minimo dettaglio. Non sono molto presenti i pensieri del protagonista, quanto più le azioni che fa e le sue riflessioni dopo che ha vissuto quelle cose. Ha
descritto moltissimi dei suoi amici soldati nel libro, forse per il loro rispetto o forse perché in quei momenti valeva più la vita dei suoi uomini che la sua. Una cosa che mi colpisce nelle
narrazioni è che l'autore non tralascia mai ciò che mangia o se ha fame, se ha cercato cibo. Giustamente, in una guerra cercare cibo è difficile ed è quindi tra i principali bisogni di tutti, ma
non è una cosa usuale per uno scrittore parlarne.
Il libro consiste in un’esperienza diretta dell’autore che racconta di sé e dei suoi compagni alpini: grazie a questo testo si possono ricavare molti elementi sulla vita e sulle idee di Mario Rigoni Stern.
Nei dialoghi compare spesso la montagna, in particolare l’altopiano di Asiago, che suscita contemporaneamente due stati d’animo: la pace che rievoca ma anche la nostalgia e la paura di non poter ritornare a casa. Questo testimonia che l’autore è particolarmente legato al suo paese e ai suoi familiari.
Durante il racconto Mario Rigoni Stern compie molte riflessioni sulla guerra, che viene vista come elemento inutile di odio. Infatti una delle vicende che hanno intaccato maggiormente l’animo dell’autore è stato l’incontro in un isba con alcuni soldati russi, che soffrivano come lui la fame e il freddo. Questi hanno diviso il cibo con la famiglia che occupava l’abitazione in un clima di pace e serenità.
Il libro è stato scritto nell’inverno del 1944 mentre si trovava prigioniero in un lager tedesco.
E’ uno dei racconti più significativi sulla tragica ritirata degli alpini dalla Russia, avvenuta tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943. E’ stato scritto per ricordare i numerosissimi soldati caduti e le sofferenze dei sopravvissuti.
Nell’immediato dopoguerra erano molto frequenti racconti che riguardavano le vicende legate alla II Guerra Mondiale.
Come lui molti altri scrittori raccontano in prima persona le vicende della guerra, descrivono gli orrori che provoca, i sentimenti che accomunano i soldati anche se nemici, il dolore, la distruzione, la paura, il senso di precarietà del soldato
Molto spesso, però erano narrazioni che presentavano i soldati come eroi e le battaglie in modo enfatico. Questo racconto, è stato scritto un anno dopo la vicenda, quindi il ricordo era ancora vivo. L’autore ha scelto di presentare i fatti senza manipolarli, senza enfatizzarli o renderli eroici. Grazie a questo stile , ”Il Sergente nella Neve” è stata l’opera sulla II Guerra Mondiale che ha ottenuto più successo in Italia.
Il protagonista è credibile perché reale, infatti coincide con l’autore. E’ un soldato che, come tanti altri, ha dovuto sopportare paura, nostalgia, fame e stanchezza, con un grande coraggio.
Il protagonista si presenta da sé, ma non fornisce una dettagliata descrizione. Emerge principalmente l’aspetto interiore, che va scoperto interpretando in monologhi, i pensieri e i dialoghi.
Non compare la descrizione dell’aspetto esteriore perché l’autore-protagonista non ha modo di guardarsi. Gli unici elementi si possono estrapolare da aggettivi che compaiono sporadicamente. L’unica brevissima descrizione di sé si legge alla fine del racconto quando, giunto all’accampamento, si può specchiare e scopre allora quanto la guerra abbia cambiato il suo aspetto.
Anche il carattere subisce un notevole cambiamento nel corso dell’esperienza in Russia e l’autore ammette di essersi indurito e aver perso sensibilità.
L’aspetto sia fisico che interiore cambia con il proseguire della ritirata, dando vita al fenomeno della caratterizzazione. Per quanto riguarda la tecnica utilizzata, si possono rintracciare due modalità: quella diretta e quella indiretta. La prima viene adoperata soprattutto per l’aspetto fisico, la seconda per il carattere, il cui cambiamento deve essere estrapolato dalle vicende.
Per quanto riguarda invece la tipologia, Mario Rigoni Stern subisce un’evoluzione di tipo psicologico e fisico. Ambedue i cambiamenti sono dettati dalla guerra.
Il protagonista coincide con l’autore, trattandosi di un diario autobiografico.
1 - Mario Rigoni Stern: (personaggio principale) è il protagonista-narratore-autore del libro che racconta le sue vicende durante la campagna di Russia.
2 - Gli Alpini (personaggi secondari) sono figure semplice e schiette di montanari, compiono il proprio dovere senza recriminazioni. Hanno bisogno di poco per vivere e sanno anche ridere delle proprie disgrazie. Marangoni, Meshini, Bodei, Giuanin, Moreschi, Tourn, Antonelli, per citarne alcuni, sono personaggi che entrano nell'animo con immediatezza. Svolgono la funzione di aiutanti. Accanto ai soldati, ci sono gli ufficiali: i tenenti Cenci, Sarpi e Moscioni, il capitano Beppo. Anch'essi uomini veri, che vivono le fatiche, le ansie, le emozioni dei loro alpini. Sono i destinatori.
Nell’ultima parte del libro gli Alpini si trasformano in destinatari perché riescono a rompere l’accerchiamento di Russi.
3 - I Russi (personaggi secondari) sono figure che a prima vista possono sembrare crudeli e senza cuore. Sono anche loro gente semplice, capace di affrontare il pericolo con coraggio, sono antagonisti solo perché devono difendere la loro patria, che è un paese nemico.
4 - Le famiglie russe (comparse) sono le persone che ospitano gli Alpini nelle loro isbe durante la notte. Offrono loro un posto dove dormire e cibo. Appartengono al popolo nemico ma sono aiutanti.
Il fatto narrato è realmente accaduto durante la II Guerra Mondiale, precisamente tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943.
In questo periodo l’Armata Italiana in Russia (ARMIR) era stanziata sulla linea del fiume Don. I Russi riuscirono, dopo la difesa di Stalingrado, a sfondare i capisaldi rumeni, che si ritirarono, seguiti dai Tedeschi e dalle truppe alleate. Rimangono sulle rive del Don il corpo degli Alpini, le truppe ungheresi e parte di quelle tedesche. Il 14 gennaio 1943 rimangono soli sul Don gli Alpini, che, con le ali scoperte, rischiano l’accerchiamento. Il 17 gennaio arriva anche per loro l’ordine di ritirarsi e alla divisione Tridentina viene affidato l’ordine di aprire la strada alla colonna. Il 30 gennaio, dopo la battaglia di Nikolaevka, il pericolo di accerchiamento, si può considerare scongiurato, ma si calcola che l’80% degli Alpini sia andato perduto.
La storia ha una durata di circa 3 mesi.
La durata narrativa ha una lunghezza minore rispetto a quella reale. Mario Rigoni Stern utilizza diverse tecniche: l’analisi –usata durante le riflessioni del protagonista- , la scena –che immerge il lettore nei dialoghi tra i personaggi- , il sommario- utilizzato per riassumere parte della ritirata o della resistenza nel caposaldo.
Trattandosi di un diario le vicende sono narrate in ordine lineare. Molto rari sono i flash-back.
I fatti vengono narrati un anno dopo l’accaduto, quindi il ricordo è ancora chiaro e fresco.
Lo spazio è reale e consiste nella prima parte nel caposaldo in un villaggio di pescatori sulla riva del Don, poi nell’interminabile e monotona steppa Russa. Questa rispecchia anche lo stato d’animo degli alpini, stanchi, affamati, infreddoliti. In questo inferno, però sorgono dei piccoli villaggi, dove si può trovare riparo e un po’ di caldo. Le isbe vengono presentate come piccole e accoglienti e si respira un aria allegra, di riposo dopo interminabili fatiche.
In questo romanzo narratore, protagonista ed autore corrispondono.
Mario Rigoni Stern svolge la funzione di narratore interno perché racconta i suoi ricordi. La narrazione è infatti in prima persona singolare e presenta fatti visti attraverso gli occhi di un uomo comune che deve lottare per sopravvivere, che deve sopportare fame, freddo, nostalgia e la perdita di molti amici. Il punto di vista può essere considerato a focalizzazione interna perché il narratore è il protagonista e, di conseguenza, conosce e può raccontare solo quello che vede con i suoi occhi.
Per riferire i discorsi dei personaggi viene utilizzato il discorso diretto libero, durante il quale il narratore riferisce tra virgolette le loro parole o, in misura minore, il discorso indiretto.
Per quanto riguarda i pensieri, essi vengono comunicati principalmente in forma indiretta; sono molto frequenti anche il soliloquio o il flusso di coscienza. Questi ultimi esprimono i pensieri di Mario Rigoni Stern quando compie riflessioni di un certo spessore, o raramente quando gli ritornano in mente particolari episodi.
Il lessico adoperato è molto semplice, ma è l’ideale per questo genere di racconto. E’ frequente l’utilizzo di termini dialettali e di origine militare. Si nota un po’ il contrasto tra la semplicità del dialetto, che suscita bei ricordi e una sensazione di pace, e i nomi di armi e battaglioni, che riportano l’attenzione sulla guerra e su tutto ciò che provoca.
Quanto è originale il testo?
L’originalità del testo sta principalmente nel modo in cui l’autore presenta i fatti, senza eroismo e retorica.
Quanto è attuale?
Il tema della guerra è sempre attuale, perché purtroppo le guerre accompagnano ancora la storia dell’uomo continuando a mietere vittime.
Quali tematiche affronta? In che modo?
Il testo affronta la tematica della guerra e della distruzione che porta appresso,distruzione che consiste sia nella morte fisica della persona, sia nel ferimento del suo animo. Questi aspetti si sviluppano attraverso le riflessioni del protagonista, ma soprattutto attraverso le scene di disperazione che l’autore descrive, senza filtrare gli aspetti più drammatici.