PRIMO LEVI

Nasce a Torino il 31 luglio 1919 da Ester Luzzati (1895 – 1991) e Cesare Levi (1878 – 1942), appartenenti a famiglie di origini ebraiche. Dopo un'infanzia turbata da alcune incomprensioni con il padre, si iscrisse al Liceo classico Massimo d'Azeglio di Torino, noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo, e successivamente si laureò in Chimica.

 

Fu proprio durante gli anni universitari che in Italia entrarono in vigore le “leggi razziali” del 1938, che introducevano gravi discriminazioni ai danni dei cittadini italiani che il regime fascista considerava di razza ebraica. Tali Leggi provocarono non pochi disagi alla sua vita universitaria.

Non ostante ciò riuscì a laurearsi con pieni voti ma a causa delle discriminazioni fu difficile trovare un impiego.

 

Cosi nel 1942 di trasferì a Milano dove iniziò a lavorare presso una fabbrica di medicinali e contemporaneamente inizio la sua carriere letteraria e politica, iscrivendosi al partito di azione clandestina, di natura antifascista e successivamente aderendo alle Brigate Partigiane.

 

Dopo l'8 settembre 1943 (Armistizio tra l'Italia e le Forze Alleate), per questa sua appartenenza alla Resistenza venne arrestato in Val d'Aosta dai fascisti e, dichiaratosi ebreo, venne trasferito al campo di smistamento di Fossoli e nel febbraio del 1944 deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, in cui rimase fino al gennaio del 1945, allorquando il campo di sterminio venne liberato dalla Armata Rossa.

 

Fu uno dei soli 20 sopravvissuti dei 650 ebrei deportati con lui.

 

L'esperienza del campo di concentramento lo sconvolse sia fisicamente che psichicamente, e lo portò a voler mettere nero su bianco l'incubo vissuto da lui e da milioni di altre persone, attraverso memorabili testi quali “Se questo un uomo”, “La tregua” e “I sommersi e i salvati”.

 

Una scrittura terapeutica, che purtroppo non bastò a fargli dimenticare gli orrori dell' Olocausto, visti e vissuti nel Campo di Sterminio di Auschwitz.

 

L'11 Aprile 1982 Primo Levi morì cadendo dalle scale della sua casa di Torino: molti sospettarono che si trattasse di suicidio, ma l'ipotesi non fu mai avvalorata dagli inquirenti.

 

 

 

LE OPERE

La bibliografia di Primo Leivi è molto lunga e copre l'intero periodo della sua carriera da scrittore.

 

 

L'opera più importante è sicuramente “Se questo è un uomo”(1948), romanzo-testimonianza di Levi sul suo periodo vissuto ad Auschwitz.

E' il racconto dell’esperienza dolorosa del lager scritto, come l’autore confessa, per il bisogno di far sapere agli altri quello che succedeva in quei campi di concentramento nazisti; per la necessità di proporre a tutto il mondo la domanda se questo è un uomo, quando lo si costringe alla più assoluta abiezione, calpestandone ogni senso di dignità. Il libro racconta con misurata pacatezza e con un equilibrio poetico che lo rende una delle più umane testimonianze della disumana vita dei deportati.

il testo non nasce come documento di denuncia bensì come testimonianza e monito per le generazioni future, affinché non dimentichino un avvenimento cosi orrendo, inumano e degradante.

L'Opera durante la sua genesi, fu più volte rielaborata.

Se questo è un uomo è nato, come afferma l’autore, da un impulso immediato e violento di raccontare agli altri le atrocità che si consumavano all’interno dei lager nazisti e a scopo di liberazione interiore.
Primo Levi, che all’esperienza tragica di deportato ha sovrapposto quella di scrittore testimone, afferma: Vivendo e poi scrivendo e meditando quegli avvenimenti, ho imparato molte cose sugli uomini e sul mondo, e di queste ci rende partecipi.
Con la sua testimonianza ci chiede, soprattutto, di riflettere sul pericolo sempre incombente di un ritorno della barbarie del razzismo con i suoi spietati meccanismi dello sterminio di massa. 

 

 

 

 

Dello stesso tema, appartiene “La tregua”, 1963, vincitore del Premio Campiello, nel quale l'Autore racconta il suo lungo e non facile viaggio di ritorno dal lager verso l'Italia.

Anche in quest’opera Levi ritorna alla sua esperienza del campo di concentramento. Racconta, infatti, della liberazione del lager e della lunga peregrinazione del ritorno, una sorta di pietosa odissea che è anche tregua, vacanza, periodo di sospensione fra il non vivere di Auschwitz e la paura di vivere del ritorno: dove avremmo attinto la forza per riprendere a vivere?... Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e inermi.

 

Con lo pseudonimo di Damiano Malabaila pubblica nel 1966 “Storie Naturali” (racconti scientifici e fantascientifici), temi trattati anche nel “Vizio di forma”, e “Il sistema periodico”.

 

Nel 1978 pubblico la “Chiave a stella” (1978): romanzo in 14 racconti dei quali è protagonista Faussone, un operaio specializzato in montature metalliche. L’opera, appartenente al tema della produzione industriale, è interessante per il suo modo narrativo e per la lingua: Levi ricostruisce con sensibile realismo, la personalità del protagonista soprattutto attraverso il suo parlare ricco di espressioni dialettali e di vocaboli tecnici.

Faussone non è una persona colta, ma ha molto viaggiato per lavoro ed è quindi ricco di esperienze da raccontare.

 

 

 Nel 1982 pubblica “Se non ora quando(1982) è il romanzo che narra le vicende dei Partigiani Ebrei polacchi e russi, nella seconda guerra mondiale.

E' il romanzo più impegnativo di Levi.

Vi si narra dell’impegno degli Ebrei dell’Europa orientale che durante la seconda guerra mondiale combatterono a fianco delle brigate partigiane per riscattare la loro dignità e identità.

Se non ora, quando avrebbero potuto reagire da protagonisti?

È la domanda dell’autore che segue l’epopea dolorosa di uno di questi gruppi di ebrei dalle foreste della Russia fino all’Italia, a Milano, una città finalmente disposta ad accoglierli. 

 

 

Il filone di guerra, talvolta autobiografico, lo si trova anche ne “L'ultimo Natale di guerra”, in cui racconta di memorie sulla guerra e sul lager, nella raccolta di poesia “Ad ora incerta” e ne “I sommersi ed i salvati”, nel 1986, un'analisi approfondita sull'universo dei campi di concentramento che Levi percorre partendo dalla sua esperienza di prigioniero in un campo, fino ad arrivare al confronto con situazioni simili, come i gulag sovietici.

 


Le idee e le tematiche
L’esperienza letteraria di Primo Levi (laureato in chimica!) nasce dal bisogno di raccontare le mie cose come egli stesso dice, quindi di partecipare ad altri, in forma quasi verbale, le sue esperienze. Tutte le sue opere hanno questo fondo di autobiografismo, più o meno evidente, ma nelle prime, più che nelle successive, l’intento autobiografico non è disgiunto da un intento morale, dal bisogno cioè di essere ascoltato perché chi lo ascolta si ponga delle domande e rifletta su certi problemi. Il mettere per scritto l’esperienza del lager è volere indurre tutti a conoscere, a giudicare, a non dimenticare, affinché quelle tristi vicissitudini siano un riscatto pagato per le generazioni future: che non debbano mai fare o subire altrettanto!

 

 

Se questo è un uomo

 

 

 

Barbed wire near by the entrance of Auschwitz I.jpg
Lager di Auschwitz
Autore Primo Levi
1ª ed. originale 1947
Genere memorialistico
Lingua originale italiano
Ambientazione Auschwitz, 1943 - 1945
Protagonisti Primo Levi

 

 

SE QUESTO E’ UN UOMO:

Se questo è un uomo è un romanzo autobiografico scritto da Primo Levi tra il 1945 e il 1947, dopo essere tornato campo di lavoro di Monowitz, lager satellite del complesso di Auschwitz e sede della fabbrica di Buna presso cui l’autore trovò impiego come chimico riuscendo, così, a salvarsi la vita. La cronaca dei fatti è preceduta da un’introduzione, che specifica come l’opera non intenda aggiungere nulla a quanto già emerso né proporsi come nuova denuncia, ma solo fornire nuovi spunti per uno studio dell’animo umano, e da una poesia, vero e proprio invito perentorio al lettore a non voltare la testa dall’altra parte



 

SE QUESTO E’ UN UOMO: LA TRAMA. Il racconto di Primo Levi, che segue tendenzialmente l’ordine cronologico nonostante la presenza di alcune digressioni, ha inizio il 13 dicembre del 1943 quando l’autore viene catturato e, in quanto partigiano ebreo, portato in un campo di concentramento italiano, in attesa del trasferimento in Germania. L’uomo, infatti, dopo un viaggio estenuante giunge nel lager di Monowitz dove i prigionieri continuano a esistere ma non a vivere poiché ogni diritto umano è loro negato. Le sofferenze inflitte dalle guardie, le violenze, le condizioni di lavoro estremamente dure, il rapporto tra i prigionieri e la morte di alcuni di loro, ridotti a sagome deboli e malate, sono descritte con molta cura. Il tempo passa e nulla cambia: il corpo e la mente sono provati, la paura delle selezioni delle SS che con uno sguardo selezionano i detenuti inutili è un’ansia costante. Levi riesce a sopravvivere perché le sue competenze fanno sì che possa trovare un impiego come chimico. La situazione è tale che anche la notizia delle difficoltà in cui versano le armate tedesche, prima, e  della loro sconfitta, poi, non è motivo di speranza per i prigionieri. Trascorre così all’incirca un anno. Infine l’avvicinarsi dell’Armata Rossa costringe i tedeschi alla ritirata. I soldati portano con sé i prigionieri sani e Levi, malato di scarlattina, rimane nel lager. Questo determinerà definitivamente la sua salvezza dato che tutti coloro che abbandonano il campo troveranno la morte lungo il cammino. Il 27 gennaio 1945 l’arrivo dei sovietici restituisce ai pochi sopravvissuti la libertà.